L’allarme è lanciato dall’Ocse con il rapporto “Strategia per le competenze”. “Solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media Ocse del 30%”.
Inoltre “gli italiani laureati hanno, in media, un più basso tasso di competenze” in lettura e matematica (26esimo posto su 29 paesi Ocse). Non solo, quelli che ci sono non vengono utilizzati al meglio, risultando un po’ ‘bistrattati’. L’Italia è “l’unico Paese del G7” in cui la quota di lavoratori laureati in posti con mansioni di routine è più alta di quella che fa capo ad attività non di routine.
“Attualmente l’Italia è intrappolata in un low-skills equilibrium, un basso livello di competenze generalizzato. I lavoratori italiani possiedono un basso livello medio di competenze e hanno, rispetto a quanto avviene in altri paesi, minori probabilità di utilizzare specifiche competenze cognitive, che sono importanti nella performance dei lavoratori e delle imprese. Queste carenze si ritrovano anche tra laureati italiani”.
“È una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese. Accanto a molte imprese, relativamente grandi, che competono con successo sul mercato globale, ve ne sono tante altre che operano con un management dotato di scarse competenze e lavoratori con livelli di produttività più bassi”. In più “modesti livelli di skills dei managers e dei lavoratori si combinano con bassi investimenti in tecnologie che richiedono alte competenze dei lavoratori e con scarsa adozione di pratiche di lavoro che ne migliorino la produttività. Questo genera un circolo vizioso”.
L’Ocse spiega che tale dinamica è in parte spiegata dal modo in cui il lavoro viene progettato e concepito, e dal modo in cui le imprese sono gestite. In Italia, le imprese a gestione familiare rappresentano più dell’85% del totale, e circa il 70% dell’occupazione del paese. Ma i manager delle imprese a gestione familiare spesso non hanno le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove e complesse.
“Le parole del Ministro Padoan sono importanti e condivise da tutto il governo. Le competenze devono essere al centro di una strategia di lungo termine, l’investimento pubblico sulla filiera del sapere è prioritario. Lo è sempre, ma ancor di più in una società della conoscenza come quella in cui viviamo, in cui educazione, università e ricerca sono fondamentali come sistema capace di generare conoscenza, non solo per rimanere al passo con i tempi, ma anche per poterli interpretare e governare. Il tema delle competenze è strategico per il futuro per Paese”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, in occasione della presentazione del Rapporto realizzato dall’Ocse sulle competenze.
“Il volume presentato oggi – sottolinea Fedeli – riconosce l’impegno dell’Italia dal punto di vista delle riforme, compresa quella della scuola prevista dalla legge 107 del 2015, evidenziando in particolare il valore e la qualità del Piano Nazionale Scuola Digitale e dell’Alternanza Scuola-Lavoro. Una sottolineatura positiva che ci spinge ad andare avanti sulla strada tracciata. L’Ocse rilancia infatti anche l’importanza della rapida implementazione delle riforme a cui, come Ministero, stiamo lavorando sul fronte dell’Istruzione. Dobbiamo continuare a implementare scelte e azioni che incidono sulla filiera del sapere. Migliorare la qualità del sistema di Istruzione, dell’insegnamento, ridurre il divario ancora esistente tra le diverse Regioni è il nostro impegno. Perché l’educazione non è un settore: è la condizione abilitante di un Paese. Una premessa indispensabile per tutte le altre politiche”.
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