Prima i voti, poi i giudizi, poi i voti ora di nuovo i giudizi: una didattica ad altalena, pensando forse che la scuola non è il bene comune ma il luogo dove la politica cerca le sue frasche.
E così, dal prossimo anno scolastico la valutazione finale degli alunni nella scuola elementare non sarà più espressa con i voti numerici ma con un giudizio, esattamente come era prima dell’avvento al Ministero dell’istruzione del duo Gelmini- Tremonti i quali, lo ricordiamo, dopo avere falcidiato 8 miliardi di euro all’istruzione, asserendo che la scuola non è un ufficio di collocamento, misero sul tappeto pure la questione della certezza dei voti: in questo modo i genitori sanno esattamente quanto vale il figlio, piuttosto che aggrapparsi ai sofismi dei giudizi.
Considerando pure che con la cultura non si mangia, disse Tremonti, si sono pure tagliate ore e insegnamenti in tutti i corsi di studio delle superiori.
In ogni caso, spiega la senatrice Vanna Iori, “l’emendamento prevede che nella scuola primaria i bambini non possano essere considerati dei numeri. Dare un 4 può essere un macigno pesante da comprendere mentre una valutazione più complessiva prende in considerazione le caratteristiche del bambino. Ovviamente vanno trovate le parole adeguate e la valutazione va fatta in termini di giudizio sintetico”.
Esattamente l’opposto di quanto era sostenuto nel 2008, ai tempi della ministra Gelmini, ma esattamente di uguale portata di quanto si sostenne alla fine degli anni Settanta (1977), quando il voto numerico fu cancellato per il giudizio, con la scheda di valutazione, e si mantenne solo alle superiori.
Sicuramente è difficile misurare e valutare gli apprendimenti di un bambino se, in più di 150 anni di riforme scolastiche, si è passati dal voto numerico negli anni dell’Unità, al voto in lettere durante il fascismo, ancora al voto in numeri dopo la 2° guerra mondiale, alla scheda di valutazione dal ’77, al voto numerico nel 2008, al giudizio nel 2020 al tempo del covid19.
Diceva don Lorenzo Milani: “Il voto è discriminante perché è ingiusto fare parti uguali tra disuguali. Il voto monopolizza l’attenzione e l’interesse degli studenti, facendoli studiare solo per la valutazione, in una situazione di ansia e competizione…”.
Ed è forse alla luce di questo sacrosanto principio che in provincia di Novara, gli strumenti di valutazione sono una “lettera-punto di vista” degli insegnanti, dove viene riportato quanto emerso dalle osservazioni per ciascuna disciplina, a cui si associa un colore: verde, giallo o rosso.
Chissà se nel prossimo emendamento del Governo non venga inserita una formula simile?
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