Ha delle colpe la scuola che espone il personale docente ad un potenziale pericolo decidendo di collocare in classe un alunno potenzialmente pericoloso per l’incolumità altrui? Forse non è del tutto esente. E nemmeno la famiglia del giovane, soprattutto se il ragazzo porta a scuola armi, come è accaduto nel caso della docente colpita con la pistola ad aria compressa in una scuola di Rovigo.
A pensarla in questo modo è il legale di un’insegnante americana, colpita e ferita da uno studente di 6 anni: il 26 gennaio l’avvocato ha annunciato di avere fatto causa alla direzione della scuola, che ha ripetutamente ignorato la minaccia rappresentata dal bambino.
Il caso accaduto negli Usa
La docente, Abigail Zwerner, era stata colpita lo scorso 6 gennaio: prima dell’accaduto i suoi colleghi hanno avvertito tre volte i funzionari della Richneck Elementary School di Newport News, in Virginia, che lo studente poteva essere armato e minacciava i suoi compagni di classe, ha assicurato Diane Toscano, avvocato dell’insegnante.
“Ma all’amministrazione scolastica non sembrava importare”, ha detto il legale in conferenza stampa.
Lo studente, in possesso di una pistola Taurus calibro 9 mm, ha sparato un proiettile che ha perforato la mano della Zwerner prima di colpirla al petto.
L’istituto Newport News School Board ha annunciato le imminenti dimissioni del preside George Parker in base ad un accordo “amichevole”, ufficialmente slegato dall’episodio.
Nel frattempo, le autorità locali hanno deciso di revocare temporaneamente l’affidamento del bambino ai genitori e di farlo ricoverare in un centro medico, in attesa di una decisione su un possibile procedimento penale.
Data la sua giovane età, dovrebbe essere considerato criminalmente irresponsabile, anche se la polizia ha definito la sparatoria “intenzionale”. I suoi genitori, invece, potrebbero essere accusati di aver violato una legge locale che vieta di lasciare armi cariche accessibili ai minori di 14 anni.
Quindi, anche i genitori potrebbero avere delle responsabilità non da poco sull’accaduto.
Il docente non va lasciato “solo”
Il punto è proprio questo: perché l’insegnante deve essere messo nelle condizioni di difendersi da solo, contro potenziali alunni-bulli, anche quando vi erano tutti i presupposti dell’imminenza del pericolo?
La scuola, a partire dal dirigente scolastico, farebbe quindi bene a valutare con la massima attenzione se la presenza in classe di alunni con disturbi di vario genere – ad esempio fortemente iperattivi, autistici o violenti per svariati motivi – non comporti pericoli per i compagni di classi, i docenti o il personale Ata: nei casi meno gravi, ad esempio, si potrebbe valutare l’affiancamento all’alunno di un assistente specialistico.
Telecamere invocate, ma non sono la soluzione
Qualche anno fa, il Codacons chiese di inserire le telecamere nelle classi, sia per “inchiodare” i docenti-mostro, ma anche a tutelare gli insegnanti dalle eventuali aggressioni di loro alunni-bulli: “È evidente a tutti – aveva detto Carlo Rienzi, presidente Codacons – l’urgenza di porre un argine a maltrattamenti e fenomeni di bullismo all’interno degli istituti scolastici e l’unica strada percorribile è quella della videosorveglianza”.
Nella penultima legislatura era stato presentato – dall’onorevole Nicoletta Favero (Pd) – anche un disegno di legge per permettere l’installazione di video camere di sorveglianza nelle scuole, in orario di lezione: nel 2017 il provvedimento era stato anche approvato in prima lettura dalla Camera, con tanto di formulazione di proposte presentate da alcuni membri della Commissione, comprese le richieste di audizione del Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, e di quello per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano. Poi, però, del testo si sono perse le tracce.
Per introdurre le telecamere in classe, tuttavia, rimane da superare il parere del Garante della privacy, secondo il quale andrebbero installate all’interno delle scuole solo a lezioni concluse: eventuali visualizzazioni delle immagini all’interno del perimetro scolastico, in orario didattico, è ad oggi consentita solo per motivazioni straordinarie e comunque limitata alla polizia e autorità giudiziaria.
Sempre sulla questione delle telecamere, da un sondaggio della Tecnica della Scuola, svolto nel 2016 tra i docenti risultò in netta prevalenza il loro parere negativo, giudicandola come un’iniziativa lesiva della privacy.