Non era di 17 ma di ben 21 giorni la sospensione dalle lezioni decretata da un istituto comprensivo di Ladispoli, sul litorale Nord di Roma, ad un bimbo di sei anni iperattivo: il provvedimento – preso dal Consiglio di istituto e comunicato alla famiglia il 26 febbraio scorso via pec a seguito degli accertati “comportamenti” reputati non idonei per la comunità scolastica – era stato successivamente annullato dal Tar. Solo che la scuola lo scorso 1° marzo non ne ha tenuto conto (non essendo ancora venuta in possesso dalla decisione del tribunale), salvo poi accoglierlo la settimana successiva, il 7 marzo, dopo che i genitori si erano rivolti al ministro Giuseppe Valditara, che si è subito detto colpito dalla vicenda.
Il bimbo prima di entrare a scuola si sarebbe rivolto al padre chiedendo:” perché l’altro giorno non mi hanno fatto entrare?”.
Qualche ora dopo, sono arrivati alla scuola di Ladispoli gli ispettori inviati dal ministero dell’Istruzione e del Merito per comprendere i motivi dell’allontanamento da scuola del piccolo alunno.
“È un fatto che mi ha molto colpito, soprattutto dopo la sentenza del Tribunale che ne disponeva la riammissione”, aveva commentato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, facendo anche capire che avrebbe voluto “vederci chiaro, perché la mia scuola, la scuola costituzionale, è una scuola che deve includere e non deve invece emarginare. Vogliamo capire cosa sia successo”, ha spiegato il ministro in visita in una scuola di Pescara.
“Gli ispettori hanno consultato e fotocopiato tutti i documenti in nostro possesso e incontrato la docente di sostegno che, peraltro, ha coperto 13 ore, cioè più del previsto perché fa volontariato per il bene al bambino”, ha detto all’Ansa Riccardo Agresti, il preside della scuola comprensiva di Ladispoli.
Il capo d’istituto ha detto che gli ispettori la hanno “interrogato”, chiedendo anche “alle docenti, una relazione dettagliata: martedì torneranno per sentire anche i genitori del bambino”, ha aggiunto il preside.
“Sono a disposizione degli ispettori per fare chiarezza. Tutti noi – ha continuato il preside della scuola sul litorale laziale – siamo certi di avere fatto il meglio proprio per il bimbo”, ha detto il dirigente scolastico sottolineando che “lunedì scorso non l’ho fatto entrare perchè ancora non sapevo del pronunciamento del tribunale: la segreteria non aveva ancora aperto la posta e quindi nessuno, nemmeno io, sapeva della decisione del Tar di fermare l’allontanamento”.
Ma la famiglia del piccolo racconta una storia diversa. “I genitori lunedì 4 marzo – ha detto l’avvocato della famiglia Daniele Leppe che aveva accompagnato i genitori e il piccolo -, forti del decreto del Tar, portano il bimbo in Istituto ma la bidella gli sbarra il passo, ‘non si può’. Il dirigente neanche ci degna di una parola. Siamo stati costretti a chiamare i carabinieri, ma il preside è stato irremovibile. A quel punto abbiamo fatto una denuncia ai carabinieri per inottemperanza ad un ordine giudiziario”.
Ordine che invece il 7 marzo, con gli ispettori presenti nell’istituto, è stato rispettato.
Dalla vicenda del bimbo iperattivo, sotto la lente anche dell’Usr laziale diretto dalla dirigente Anna Paola Sabatini, si sta interessando anche la politica. Secondo Antonio Caso, Capogruppo M5S in Commissione Cultura, “il caso del bambino iperattivo che a soli sei anni è stato sospeso dalla propria scuola è emblematico di quanto alcuni dirigenti scolastici, per fortuna una nettissima minoranza, siano in grado di disinterpretare il ruolo fondamentale che la scuola ha e deve avere nelle nostre comunità”.
“Alla vicenda, già grave in sé, si aggiunge il fatto che il preside della scuola di Ladispoli abbia a più riprese divulgato elementi e dettagli di natura privata, ponendo in essere una condotta potenzialmente lesiva della privacy del piccolo studente e della sua famiglia. Ci auguriamo – ha concludo il deputo ‘grillino’ – che da qui in poi venga usata maggiore prudenza e che l’ispezione giustamente disposta dal ministero dell’Istruzione faccia chiarezza su questo caso a tutela del diritto allo studio e della riservatezza di un soggetto fragile, per di più minorenne”.
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