Di amianto si continua a morire. Lo dicono le statistiche: secondo l’Osservatorio nazionale amianto sono 7mila i decessi che ogni anno ancora si registrano per la presenza di questa sostanza killer: l’osservatorio sostiene che ogni anno in Italia si contano oltre tremila vittime da amianto ed il Covid-19 ha aggravato di molto la situazione, poiché i soggetti fragili sono stati esposti anche al virus, portando a 7 mila il numero complessivo di decessi nell’anno.
Il problema esiste anche negli ambienti di formazione: secondo la Società italiana di medicina ambientale, in Italia esistono ancora 96.000 siti contaminati e più di 370.000 strutture contenenti amianto censite dalle Regioni, tra cui oltre 2.400 plessi scolastici a rischio.
Solo un anno e mezzo fa il Codacons aveva commentato i dati dello stesso osservatorio Ana, per il quale il 46,8% degli edifici scolastici presenti sul territorio non possiede il certificato di collaudo statico, il 53,8% non ha quello di agibilità o abitabilità. Secondo l’associazione dei consumatori, “la mancanza di sicurezza delle scuole ha provocato, a partire dal 2001, 39 vittime: nonostante i piani annunciati a reti unificate dai vari governi, infatti, poco o nulla è stato fatto per garantire salute e sicurezza di studenti e personale scolastico”.
Questi numeri fanno scalpore, perché è di ben ventinove anni fa la legge 257/92, che metteva al bando l’amianto in Italia.
Di questo si è parlato, il 27 aprile, nel corso di un webinar organizzato dall’Anmil (Associazione fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), con il patrocinio dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro).
Sono diverse le proposte discusse e contenute in una lettera aperta indirizzata a governo e Parlamento, firmata da associazioni delle vittime, sindacati, ambientalisti, sindaci, medici, università.
Questi i punti proposti: estensione del Superbonus 110% direttamente alla bonifica dell’amianto negli immobili privati; pieno utilizzo delle risorse Inail per la bonifica dell’amianto nei processi produttivi e negli impianti industriali, commerciali e agricoli, alzando la copertura del contributo al 100%; finanziamento della ricerca per la cura dei tumori asbesto correlati, a partire dal mesotelioma; rendere più dignitose le attuali prestazioni del Fondo per le vittime dell’amianto; riconsiderare i tempi di accesso alle prestazioni previdenziali per i malati e gli esposti all’amianto.
Secondo il direttore dell’ufficio Ilo Italia e San Marino, Gianni Rosas, investire su salute e sicurezza sul lavoro sarebbe un costo aggiuntivo: “Per ogni euro annualmente investito in prevenzione, le imprese hanno un ritorno economico di circa 2,20 euro”.
Purtroppo i dati sull’amianto sarebbero in sensibile difetto, perché nonostante le Regioni abbiano l’obbligo di trasmettere, entro il 30 giugno di ogni anno, al ministero della Salute i numeri precisi sulla presenza della sostanza pericolosa, questa comunicazione spesso non si invia.
In alcune regioni, la situazione, a livello scolastico, è da allarme. Nel Lazio sono presenti ancora qualcosa come “64 tonnellate di amianto compatto e 150 chilogrammi di amianto friabile”, per le Marche di “amianto friabile in 89 istituti scolastici e di ricerca e in 24 impianti sportivi”, per la Sardegna “in 395, di cui 72 bonificati e 323 ancora da bonificare”.
Anche secondo Legambiente, come riportato di recente dalla Tecnica della Scuola, l’amianto si trova nel 10% degli edifici scolastici: una percentuale non molto distante da quella pubblicata a seguito dello studio.
La Tecnica della Scuola ha in passato spiegato quali che i principali prodotti contenenti amianto nelle scuole:
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