“Caro amico ti scrivo”, diceva una vecchia e bella canzone di Lucio Dalla che provava ad immaginare le tante cose che sarebbero cambiate nel nuovo anno ma che poi non cambiano mai.
Noi vorremmo dire “cara scuola ti scrivo…” e provare ad immaginare e, perché no, anche sognare ciò che ne sarà della scuola post Covid. La pandemia causata dal Covid-19 ha costretto la scuola a rinnovarsi velocemente per permettere a tutti di continuare con l’attività educativa e di formazione anche durante il periodo del lockdown. Per non
interrompere le lezioni tutte le scuole si sono organizzate con la didattica a distanza, alcune hanno anche fornito dei dispositivi per permettere agli alunni di seguire i corsi online e continuare in quel modo la fruizione delle lezioni. Questo che si sta chiudendo è stato un anno misto tra DID e lezioni in presenza con mascherina e tamponi a volontà.
Il ministro Bianchi è il primo a credere in un modello nuovo di scuola, affinché diventi un luogo interattivo, aggiornato e variegato, una scuola aperta a sperimentazioni, un luogo inclusivo e di ascolto. Un percorso che passa per la digitalizzazione della scuola. Il ministro del MI ha recentemente firmato il Piano Scuola 4.0 che di fatto sostituirà il “Piano Nazionale Scuola Digitale” con un piano di investimenti di oltre 2,1 miliardi di euro. In una recente intervista rilasciata dal ministro emerge la volontà di imprimere un’accelerazione importante all’innovazione didattica, prima di tutto metodologica, alla formazione dei docenti e alla digitalizzazione della scuola anche per gli aspetti amministrativi (fonte Agenda Digitale).
Quale dovrebbe essere la scuola 4.0? Per capire dove deve arrivare la scuola e che obiettivi deve darsi occorre prima di tutto ripercorrere sinteticamente un po’ di storia del percorso digitale che questa Istituzione sta affrontando ormai da diverso tempo. Il processo di digitalizzazione della scuola risale all’introduzione delle lavagne interattive multimediali in circa 30.000 scuole e al finanziamento di 400 classi 2.0 per la sperimentazione di una didattica innovativa con il digitale. Parallelamente a queste azioni partirono i percorsi di formazione per i docenti. Il passaggio successivo fu, nel 2015, l’approvazione del Piano Nazionale Della Scuola Digitale (PNSD) supportato dai fondi strutturali europei del Programma operativo nazionale 2014-2020. Questo ha segnato di fatto un passaggio fondamentale per la digitalizzazione della scuola italiana grazie allo sviluppo (non sempre applicato allo stesso modo) di 35 azioni delineate nel piano.
“Sono gli anni in cui il registro elettronico diventa normalità nel 99% degli istituti, nonostante forti resistenze iniziali, in cui le LIM e gli schermi arrivano a coprire la quasi totalità delle classi e i dispositivi mobili cominciano ad essere utilizzati come strumenti di lavoro in percentuali significative; si cominciano a sperimentare nuovi ambienti di apprendimento attraverso l’utilizzo delle prime piattaforme”. La caratteristica di fondo del percorso di digitalizzazione di questo periodo è l’eterogeneità: il PNSD si diffonde a macchia di leopardo e privilegia alcuni territori rispetto ad altri.
Poi è arrivato come uno tsunami il Covid 19, che ha accelerato questo percorso, ha costretto anche i più scettici ad aggrapparsi ai dispositivi digitali per non dover fermare la didattica. Questi due anni sono stati essenziali, inoltre, per alzare il livello medio di competenza digitale dei nostri docenti. Nascono in questi anni gli animatori digitali, cioè i punti di riferimento per tutti gli addetti ai lavori, e anche le segreterie scolastiche cominciano a digitalizzare i processi e i documenti.
“Con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza integrati ai fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027, gli obiettivi del Piano Nazionale Scuola Digitale conoscono oggi un completamento e un ulteriore rilancio decisivo che necessita però di un aggiornamento all’attuale stato dell’arte del digitale a scuola e dello sviluppo tecnologico, aggiornamento che dovrà essere pienamente raccolto dal piano Scuola 4.0”. Un rilancio che passa per finanziamenti europei, per il Piano Europeo di azione per l’istruzione digitale e i framework del Digcomp 2.2.
Questi i cardini principali di questo nuovo ambizioso progetto. Sviluppo di un ecosistema efficiente di istruzione digitale, formato da connettività a larga banda, contenuti educativi digitali e piattaforme di apprendimento che devono trasformarsi in ambienti di apprendimento, on line, integrati.
Secondo aspetto fondamentale è quello delle competenze: la trasformazione digitale della scuola passa necessariamente per l’alfabetizzazione digitale e l’introduzione fin dai primi anni dello studio dell’informatica. Ma la sfida vera secondo Gabriella Benassi è una didattica digitale integrata non confusa con la DAD (didattica a distanza) ma “pensata, progettata e realizzata nell’onlife quotidiano e in un’ottica di sviluppo delle competenze digitali del futuro”.
Come si legge dal sito del Ministero si prevede la trasformazione di almeno 100 mila aule in ambienti innovativi di apprendimento con una fase di progettazione che coinvolga anche la componente studentesca. L’investimento massiccio di 2,1 miliardi di euro è destinato inoltre anche alla digitalizzazione del comparto amministrativo, alla cablatura di 40 mila edifici scolastici e, alla creazione di laboratori per le professioni digitali nel secondo ciclo. Questi laboratori saranno finalizzati alle professioni digitali del presente e del futuro (robotica, automazione, servizi digitali della comunicazione, data analysis come esempio).
Una sfida complessa ma un investimento così massiccio è un’occasione ultima e rara per chiudere il cerchio.
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