Il periodo difficile della scuola non sembra chiudersi con il termine dell’anno scolastico più complesso degli ultimi 75 anni: basta dire che nella giornata conclusiva, l’8 giugno, si assisterà ad un dir poco anomalo sciopero proclamato dai sindacati maggiori – Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda –, ormai in rotta di collisione con le istituzioni che governano la scuola, ad iniziare dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
Dopo avere disertato le ultime convocazioni a viale Trastevere, i sindacati un paio di giorni fa hanno incontrato il premier Giuseppe Conte, senza però avere dei riscontri immediati su come rientrare a scuola a settembre: dal presidente del Consiglio e dalla stessa ministra del dicastero bianco di Viale Trastevere sono giunte tante promesse, rassicurazioni ed impegni, con tanto di possibili lezioni in classe con divisori in plexiglass, un’idea giunta dal comitato tecnico-scentifico.
Ma di concreto, di un programma definito, a meno di 90 giorni dall’avvio delle lezioni in presenza, non c’è traccia. A meno che non ci si voglia fermare ai documenti di esperti e task force ministeriale.
Un dato di fatto, il rimando delle decisioni, che dà modo all’opposizione politica di ricordarlo ormai tutti i giorni.
E i sindacati non sono da meno: per l’8 giugno assieme allo sciopero generale del comparto (con ogni lavoratore che dovrà dichiarare l’eventuale adesione con comunicazione formale alla propria segreteria scolastica), i sindacati maggiori hanno fissato anche una manifestazione a Roma, dalle 11.00 alle 13.00, proprio davanti al ministero dell’istruzione.
“Serve un piano finanziato da un provvedimento legislativo organico, altrimenti a settembre non si riuscirà a ripartire”, ha detto Pino Turi, leader della Uil Scuola, soffermandosi dunque sulla mancanza di coordinamento legislativo sulla ripresa delle lezioni in presenza: una sottolineatura che, però, sembra tirare in ballo più l’inerzia del Governo e il Parlamento, piuttosto che l’operato del dicastero dell’Istruzione.
Fatto sta che i problemi irrisolti per il rientro a scuola sono diversi e complessi. E i sindacati non se la sentono più di attendere.
A preoccupare, oltre al possibile proseguimento della DaD, è anche il reclutamento per coprire l’enormità di cattedre scoperte nel prossimo mese di settembre: una circostanza che il Decreto Scuola non ha minimamente affrontato.
“Nel Veneto – scrive la Cisl del Veneto – il 40 per cento dei docenti è precario e sarà licenziato a fine anno scolastico. Nel Veneziano, le cattedre scoperte saranno duemila, un quarto del totale”. Per questo, dicono i sindacalisti veneti, “saremo in piazza l’8 giugno. Riaffermare il diritto di alunni e studenti ad avere le loro maestre e i loro professori a settembre e non alle calende greche. Un consiglio. Attenzione a chi vuol continuare a vivere nel paese dei balocchi; qualcun altro che lo ha fatto prima di lui, dopo cinque mesi, si è svegliato con le orecchie d’asino”.
Il problema riguarda anche il Sud. Sebastiano Cappuccio e Francesca Bellia, segretari della Cisl siciliana e della Cisl Scuola regionale, hanno tenuto a dire che affinché la ripartenza non si risolva in sezioni caotiche, classi affollate, studenti e personale stipati in edifici rimasti non a norma, occorre da subito “fronte alle indispensabili misure di sicurezza contro il rischio del contagio”.
“Perdere l’occasione che abbiamo davanti sarebbe un errore imperdonabile”. Lo sciopero di domani nasce da qui, spiegano. Vuole essere una voce levata contro il rischio di una scuola dimezzata. E perché le condizioni di emergenza in cui ci si è ritrovati in questi mesi “siano solo una parentesi e a settembre possa ridursi davvero al minimo il disagio per studenti e famiglie”.
Anche il Comitato “Priorità alla Scuola” aderirà allo sciopero, ribadendo le rivendicazioni dalle sigle sindacali: “un piano straordinario di investimenti al fine di rendere possibile la ripresa in condizioni di sicurezza delle attività scolastiche in presenza, nuovi investimenti in materia di personale e sostegno dell’offerta formativa, da inserire a partire dal decreto ‘Rilancio'”.
Si chiedono poi “adeguate risorse economiche, per consentire un necessario potenziamento degli organici, sia per il personale docente che per il personale Ata, condizioni indispensabili per ridurre il numero di alunni per classe e consentire una didattica per gruppi ridotti di alunni; il rispetto rigoroso del tetto massimo di 20 alunni per classe in presenza di alunni con disabilità”.
Inoltre, il Comitato “chiede più attività educative all’aperto e soprattutto più spazi scolastici, rendendo agibili le strutture esistenti e laddove necessario costruendone di nuove, temporanee, sostenibili, oppure riutilizzando spazi dismessi”.
Invece, il Comitato si dice “assolutamente contrario all’utilizzo di mascherine e plexiglass”, chiedendo invece di “ripristinare l`infermeria all’interno dei plessi scolastici e, se necessario, di valutare l`ipotesi di effettuare test pungidito a ragazzi e personale scolastico”.
A Roma le associazioni e i comitati genitori riuniti nel coordinamento “Apriti Scuola!” manifesteranno davanti agli istituti, nelle piazze, nei parchi con azioni educative diffuse nel territorio. Altre iniziative con insegnanti, educatrici, operatori scolastici, genitori e studenti si terranno a Firenze, Genova, Lucca, Arezzo e altre città.
Quella di utilizzare spazi alternativi è un’idea che sta prendendo piede anche in seno alla maggioranza di Governo: “La scuola – ha detto a Sky Agenda il senatore Davide Faraone, presidente dei senatori di Italia Viva – è stata la prima a chiudere e sarà l’ultima a riaprire: dobbiamo prendere un impegno vero con studenti, famiglie ed insegnanti e dire che a settembre si torna in classe per non chiudere più. Come? Utilizzando la flessibilità oraria e tutti i luoghi che le nostre città ci mettono a disposizione”.
“Soprattutto – ha continuato Farane – riqualificando adesso gli spazi aprendo i cantieri nelle scuole, cosa che è resa più facile grazie ad un nostro emendamento che conferisce ai sindaci poteri di commissari sull’edilizia scolastica. Se la scuola sarà ‘diffusa’, cioè si allargherà ai parchi, teatri , cinema , sale comunali per fare alcuni esempi, non ci sarà nessun motivo di chiuderla ancora”.
Ma c’è anche chi “bolla” lo sciopero dell’8 giugno addirittura come ingiustificato e dannoso. Come Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in Commisione Cultura, secondo il quale “le preoccupazioni delle organizzazioni sindacali sulla riapertura a settembre sono giuste e noi ribadiamo la necessità di riaprire le scuole quanto prima e in sicurezza, senza smembrare le classi e tornando alla vera e unica didattica che funziona ovvero quella in classe”.
“Ma non è certo con uno sciopero l’ultimo giorno di scuola – conclude Toccafondi – che diamo un aiuto a chi sta soffrendo di più questa distinzione: le famiglie e soprattutto i ragazzi”.
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