Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione del Governo Meloni
Il 2023 sta per volgere al termine e su ‘Repubblica’ Corrado Zunino, fa un bilancio dell’anno ormai trascorso del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara. Ma qual è il giudizio sul titolare di viale Trastevere? Secondo Zunino ci sono aspetti positivi e altri meno, Valditara ha portato a casa alcuni risultati per la scuola, ma secondo il giornalista “non sarà questo il governo che metterà l’istruzione al centro del Paese”.
La decisione vincente del Ministro fin qui è stata aver mantenuto la promessa del rinnovo dei contratti con gli aumenti per docenti e dirigenti. I 124 euro medi e lordi in più per gli insegnanti nel contratto 2019-21 e le basi per il prossimo contratto 2022-24. Sul quotidiano vengono poi snocciolati i numeri delle misure per orientatori e tutor (42 milioni in più nei prossimi due anni), per la formazione dei dirigenti scolastici (3 milioni), per la Scuola di alta formazione professionale (8 e 19,4 milioni), per l’Agenda Sud e per l’abbonamento a periodici e quotidiani. C’è poi la riforma degli istituti professionali che, secondo Valditara, è un risultato importante.
Tra i dati meno positivi ci sono però i 3,3 miliardi tagliati in tre anni (da 52,249 del 2024 ai 48,902 del 2026) stando al testo di sintesi della Legge di bilancio. Una decrescita che però, ricorda ‘Repubblica’ riguarda tutti i dicasteri ed è collegata al contenimento del debito. Tuttavia, le risorse in meno per la scuola sono importanti e vengono spiegate con la denatalità, che non deve diventare un alibi.
E se c’è un contributo aggiuntivo per le scuole dell’infanzia paritarie, ci sono invece quattro tagli per la scuola pubblica (“Buona scuola”, offerta formativa, Piano nazionale di formazione e realizzazione delle attività formative dei docenti).
Non va meglio sull’edilizia scolastica e sull’efficientamento energetico, e qui intervengono anche i finanziamenti del Pnrr. Si posticipano fondi al 2027.
Ci sono poi i concorsi per docenti e dirigenti al via, seppur il precariato resta alto e alcuni supplenti sono senza stipendio da mesi.
Infine sull’organizzazione del Pnrr le segreterie sono vicine al collasso – conclude l’articolo.
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