Ci sono ancora aggiornamenti sul caso di Umberto Gastaldi, l’ottantaduenne ex professore di filosofia del liceo Gobetti di Torino che si trovava Vicenza solo e malato. L’uomo tornato a casa, a Torino, grazie all’aiuto della sua classe, la quinta D del 1980, che ha messo in moto una vera e propria gara di solidarietà.
Come riporta Il Corriere del Veneto, il professore è stato scortato per sei lunghe ore nel tragitto dal Veneto al Piemonte dai suoi ex alunni, che gli hanno trovato una sistemazione e lo stanno assistendo, insieme ad altri ex studenti che stanno facendo lo stesso. “Non facciamo che ricevere telefonate”, hanno confermato gli ex ragazzi. “La gente è contenta d’aiutare, di rendersi utile. Dopo i maturandi dell’80, sono arrivati quelli del ’90, del ’95, fino al 2008 quando il prof è andato in pensione. Gente di trenta come di cinquant’anni. E nella sua stanza c’è sempre qualcuno”.
Ecco le parole dell’anziano prof, sereno e lucido: “Ritornare qui vicino a Torino è qualcosa di commovente, perché mi ricorda il ginnasio, gli anni passati al Collegio Don Bosco, quei sacerdoti salesiani che erano severi, sì, ma anche molto umani e molto giusti”.
“Tornare – ha continuato Umberto Gastaldi – mi ha anche fatto l’effetto di essere per metà orfano perché ovviamente i miei professori non ci sono più, morti da tanti anni. Comunque l’emozione è abbastanza forte”.
Ecco il racconto di una ex alunna: “Umberto era sicuro di morire solo, e invece siamo arrivati noi. Da quell’incontro è ricominciata la vita. Guariva a vista d’occhio, ad ogni allievo ritrovato che credeva perduto. Per un mese ci eravamo affannati a pensare alla casa per lui. Misurando gli spazi per non avere barriere architettoniche, per ospitare badanti, sedie a rotelle e attrezzature ingombranti. Lui ci ha spiazzati, frenando il nostro entusiasmo; non chiede un alloggio per sé: non si sente pronto e non vuole pesare con esigenze materiali. A noi chiede un rifugio per i libri, e anche dietro questa immagine c’è una lezione: è ai libri materiali che pensa, o piuttosto alla nostra formazione?”.
“‘Ho una mezza idea – mi ha detto una sera – trova un posto piccolo, porta lassù i miei libri. Ci sono piccoli e grandi segreti in quelle pagine. Trovali. Non lasciare che vadano persi. Pensare che esiste un luogo simile mi renderebbe sereno, ovunque fossi’. Non si illude di poter rileggere quei libri, rivedere quei film: non ne ha bisogno. Vuole che siano letti da noi, o (ancora meglio) da altri ragazzi e insegnanti. Accetta la sua infermità e che tutto, presto o tardi, abbia termine, ma vuole sapere che i frutti restano, che la sua classe se ne occuperà. ‘Restate uniti e sulla stessa linea’, è il suo invito. La ‘casa del cuore’ siamo noi. Tutti noi, le sue classi”, così ha concluso l’ex alunna.
La storia ha toccato i cuori di molti docenti e studenti: questo legame, fortissimo, tra allievi e insegnanti è qualcosa di davvero prezioso, che può proseguire per tutta la vita, anche dopo gli anni di scuola. La vicenda è arrivata anche a Viale Trastevere, tanto da spingere il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara dire la sua e a offrire il suo aiuto per l’anziano professore in un comunicato stampa.
Quest’ultimo, però, ha elegantemente rifiutato la proposta. “È logico esprimere un giudizio lodevole nei confronti del comportamento di questa classe. Però il comportamento di questa classe non necessita dell’approvazione o dell’elogio del ministro della Pubblica Istruzione, perché è semplicemente l’espressione di quella creatività che nasce sui banchi di scuola quando la scuola è veramente una scuola di vita”, ha detto, facendo una lucidissima analisi.
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