I maestri con diploma magistrale protestano Roma davanti al ministero dell’Istruzione: lo fanno, giovedì 3 maggio, nel secondo giorno di sciopero consecutivo e con quello della fame in via di conclusione, chiedendo un decreto che li salvi dall’esclusione dalle GaE e, in oltre 5mila casi, dalla revoca dall’immissione in ruolo.
Alla manifestazione c’erano diverse associazioni, come il Coordinamento diplomati magistrale e il Mida, rappresentanti dell’Anief ed alcune centinaia di maestri. La richiesta unanime è stata quella di trovare una soluzione prima che gli effetti della sentenza numero 11 del Consiglio di Stato, confermata dall’avvocatura di Stato, abbiano effetto.
Secondo Rosa Sigillò, del Mida, non si possono abbandonare migliaia di docenti come se nulla fosse: “Io sono precaria da 14 anni e se la sentenza dell’adunanza plenaria venisse applicata mi ritroverei a reiniziare tutto daccapo, con le supplenze brevi, anche di un solo giorno. Dopo che in questi anni abbiamo svolto il nostro lavoro e mandato avanti la scuola”.
Gli fa eco Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “soltanto con la riapertura delle GaE, la trasformazione delle graduatorie d’Istituto in Provinciali e lo sblocco degli organici, cancellando una volta per tutte quelli di fatto, potremo garantire il corretto avvio del prossimo anno scolastico e coprire le classi che senza le attuali maestre rimarrebbero scoperte”.
Anche i partiti politici si confermano vicini alla causa dei diplomati magistrale: “Il ministro dell’Istruzione e il governo tutto pongano riparo alla recente sentenza del Consiglio di Stato che, di fatto, getta sul lastrico 55 mila insegnanti precari in possesso del solo diploma conseguito prima dell’anno scolastico 2001/2002”, hanno fatto sapere i senatori di Forza Italia, con in testa la capogruppo Anna Maria Bernini, perorando la protesta.
“Siamo di fronte ad un vero e proprio paradosso – aggiunge la senatrice Bernini – che penalizza in modo implacabile migliaia di docenti non in possesso della laurea, come previsto da una legge del 1990 e da un successivo decreto ministeriale del marzo 1997”.
“Decreto che, in effetti, prevedeva un regime transitorio per il passaggio al sistema di formazione universitaria degli insegnanti della scuola materna e elementare. Regime, che ora viene reso inattuabile dalla citata sentenza del Consiglio di Stato”.
“Con un’interrogazione parlamentare – conclude Bernini – ho chiesto al ministro Valeria Fedeli e al governo nella sua collegialità, insieme con i colleghi Giacomo Caliendo, Andrea Causin e Giuseppe Mangialavori, di trovare una soluzione all’annosa e grave questione con un provvedimento d’urgenza che produca effetti, in favore degli insegnanti diplomati, sin dal prossimo anno scolastico 2018/2019 e ciò anche a tutela della continuità didattica”.
Intanto, però, si fanno sentire pure i laureati in Scienze della formazione primaria, che ritengono risibili le posizioni degli aspiranti maestri con il solo diploma magistrale: la strada per diventare insegnanti, sostengono con forza i laureati, è quella del concorso pubblico, non dei sotterfugi.
La scuola – continuano i maestri con laurea – non è un ammortizzatore sociale. Si mettano in gioco, come abbiamo fatto noi. I nostri alunni, le nuove generazioni, hanno bisogno di insegnanti preparati e che meritino per davvero di ricoprire il delicato ruolo di chi siede dietro una cattedra.
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