Su La Repubblica c’è spazio per la lettera di Marianna Paoli, docente al Liceo Artistico di Chiavari. L’accorato appello dell’insegnante è motivato dal fatto di ricercare qualcuno che si prenda davvero a cuore le condizioni in cui versa la scuola tra docenti aggrediti, alunni e genitori violenti.
Per Paoli “i ragazzi sono cambiati: facile etichettare, difficile è capire e aiutare. Le famiglie spesso sono inesistenti, tanti crescono disorientati, da soli”.
“Sì potrebbe investire, innovare, formare i docenti, però bisogna assolutamente mettere questo tra i mestieri usuranti; è vero per le maestre lo è già, ma lo è anche per
chi deve ogni giorno affrontare ragazzi con problemi e atteggiamenti a volte aggressivi”.
“Amo il mio lavoro, sto bene con i ragazzi, parlo, discuto, ascolto, cerco di essere una figura di riferimento, sbaglio, non sono sola. Le domeniche le passo (per otto mesi all’anno) a correggere temi studiare, preparare schemi, mappe, appunti e lezioni. Questo è il sommerso della scuola ma non interessa a nessuno. Cerco solidarietà, considerazione, ascolto, cambiamento”.
Al Corriere della Sera, recentemente, il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha parlato degli episodi che hanno visto, loro malgrado, coinvolti, i docenti: “Gli episodi di violenza vanno condannati duramente e, come ministro, non voglio limitarmi alla vicinanza formale: saremo al fianco di insegnanti, dirigenti, del personale amministrativo e ausiliario. Sono in contatto con la Presidenza del Consiglio affinché, in ogni procedimento attivato con querela, il ministero possa costituirsi parte civile. Voglio rilanciare il rispetto per quella che considero la più importante istituzione del nostro Paese: da qui passa il futuro”.
Da aprile scorso, su Change.org, è iniziata una petizione per chiedere al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, un intervento deciso in materia, una legge che istituisca e soprattutto rafforzi la figura dell’insegnante quale pubblico ufficiale, che inasprisca le pene laddove ci sono episodi di violenza conclamati, che tuteli la libertà di insegnamento e restituisca agli insegnanti un ruolo di primo piano.
Insegnanti aggrediti, picchiati, vilipesi, sviliti e umiliati. Il bullismo contro i professori può costituire reato di stalking, percosse, lesioni, violenza privata, minaccia e diffamazione.
Spesso anche i genitori non usano mezzi termini: un voto negativo o una punizione inflitta ai loro figli viene interpretata come un’offesa. Non pensano che quasi sempre sono la normale conseguenza di una preparazione inadeguata o un mezzo di correzione di comportamenti sbagliati.
A volte passano anche alle vie di fatto. Spesso si presentano davanti ai docenti dei figli con aria di sfida. E arrivano a minacciare o insultare gli insegnanti, rei di aver osato a giudicare in modo negativo i figli.
Il professore, nel momento in cui esercita la sua funzione, e cioè quando si trova a scuola, è un pubblico ufficiale a tutti gli effetti.
L’ingiuria, oggi depenalizzata, costituisce ancora reato se rivolta ad un pubblico ufficiale: trattasi di oltraggio a pubblico ufficiale, delitto che può essere commesso dall’alunno che insulti apertamente il docente o che lo denigri in presenza di altre persone.
L’art. 357 del Codice Penale dispone che “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa“.
Agli stessi effetti, come disposto dal secondo comma dell’art. 357 novellato dalla l. n. 86/90 e successivamente modificato dalla l. n. 181/92, “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.
Dalla lettura della norma, pertanto, si evince che la qualifica di pubblico ufficiale va attribuita a tutti quei soggetti che “concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; coloro che sono muniti di poteri: decisionali; di certificazione; di attestazione di coazione” (Cass. Pen. n. 148796/81); “di collaborazione anche saltuaria” (Cass. Pen. n. 166013/84).
L’articolo 358 c.p., a propria volta, dispone che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
Secondo la dottrina prevalente per incaricato di pubblico servizio dovrebbe intendersi un soggetto che pur svolgendo un’attività pertinente allo Stato o ad un altro Ente pubblico non è dotato dei poteri tipici del pubblico ufficiale e, d’altra parte, non svolge funzioni meramente materiali.
Tipologie di pubblici ufficiali
La qualità di pubblico ufficiale è stata riconosciuta nel tempo a diversi soggetti.
A titolo esemplificativo sono considerati pacificamente pubblici ufficiali: i consulenti tecnici, i periti d’ufficio, gli ufficiali giudiziari e i curatori fallimentari, quali ausiliari del giudice (Cass. Pen. 16.6.1983; 11.5.1969); i portalettere e i fattorini postali (Cass. n. 5.10.1982); gli ispettori e gli ufficiali sanitari; i notai; il sindaco quale ufficiale del governo; i consiglieri comunali (Cass. n. 18.11.1974); gli appartenenti alle forze di polizia e armate; i vigili del fuoco e urbani; i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni (ecc.).
Anche gli insegnanti delle scuole pubbliche lo sono, così come ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15367/2014, che ha ribadito la qualità di pubblico ufficiale per l’insegnante di scuola media nell’esercizio delle sue funzioni non circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma esteso “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” riconoscendo tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale a carico di un genitore.
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