I lettori ci scrivono

L’arte, la scienza e la libertà di insegnamento

Come si concilia il principio costituzionale della libertà dell’insegnamento con l’obbligatorietà, in certi ordini di scuola (in prospettiva in tutti?), di programmare per “UDA”, “per competenze” e simili?

 [Si vedano anche, ad esempio, le Indicazioni Nazionali DPR 89/2010: “Le Indicazioni non dettano alcun modello didattico-pedagogico. Ciò significa favorire la sperimentazione e lo scambio di esperienze metodologiche, valorizzare il ruolo dei docenti e delle autonomie scolastiche nella loro libera progettazione e negare diritto di cittadinanza, in questo delicatissimo ambito, a qualunque tentativo di prescrittivismo”]

Qualcuno potrebbe rispondere: anche prima dell’ “autonomia” non c’era libertà di insegnamento, visto che gli insegnanti dovevano seguire un programma.

No, non è la stessa cosa. L’articolo 33 della Costituzione dice: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Arte e scienza libere non significa che qualunque cosa possa diventare arbitrariamente arte e scienza, ma che esse hanno statuti, istituzioni riconosciute, fondamenti epistemologici, modalità di verifica e di selezione dei propri contenuti e dei propri strumenti indipendenti dal potere politico.

Questo era anche il senso dell’esistenza di programmi nazionali: stabilire e aggiornare ciò che vale la pena insegnare alle nuove generazioni dovrebbe essere compito di una comunità scientifica che sta dietro a ogni singola disciplina, soggetta a cambiamenti, progressi, revisioni di cui la scuola dovrebbe tenere conto. Per questo, finché l’aggiornamento dei docenti era una cosa seria, si incentrava proprio sulle nuove prospettive e sulle nuove acquisizioni di ogni disciplina e sulle metodologie specificamente disciplinari del suo insegnamento.

Tutt’altra cosa è invece voler imporre agli insegnanti – da un unico punto di vista, che non è quello delle arti e delle scienze ma quello di una buro-pedagogia ministeriale – come in astratto si debba insegnare, a prescindere dal che cosa e dal perché. E visto che certe astrattissime metodologie vorrebbero imporsi come universali, annullando le specificità di ogni disciplina, fino a farsi contenuto unico e conferma di se stesse, la prospettiva è quella di eliminare direttamente anche le discipline, con l’obiettivo di arrivare a un’interdisciplinarità tutta formale, che non contiene più nulla. Il che significa porre le arti e le scienze alla mercé del potere politico: esattamente ciò che la Costituzione, non a caso elaborata alla luce dell’esperienza di una dittatura, voleva evitare.

Gruppo La nostra scuola

Associazione Agorà 33

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