Leonidas Kavakos, greco, 52 anni, uno dei più importanti violinisti viventi, in occasione di un suo concerto a Roma, ha affermato: «Da ragazzo, i miei maestri insistevano su un punto: studiare Beethoven, ma aspettare per suonarlo. Il perché lo capisci da adulto. Non si tratta soltanto di grande musica, ma di vita. I brani, alcune volte, sono costruiti addirittura in modo semplice. Magari due note su cui però imbandisce un mondo, una melodia che tocca nervi cosmici. E considerando come va il pianeta, io credo che, oggi, Beethoven non sia semplicemente un compositore geniale, ma un Maestro necessario. C’è bisogno di lui».
L’arte come unica soperanza
E poi, intervistato da Il Messaggero, ha aggiunto: «Salgo sul palco e come divulgatore. Perché credo che l’arte sia l’unica speranza. Non è un lusso. È tutto».
«Ti apre un varco, il più diretto, verso la spiritualità. A differenza degli animali, che seguono l’istinto, noi impariamo come comportarci a scuola. L’arte, la musica in modo più diretto, ti guida verso il divino. Non parlo di concetti astratti. Molto più semplicemente: se fin da bambini riuscissimo ad apprezzare le coloriture di Beethoven, forse non distruggeremmo i colori della natura».
Linguaggio stratto che penentra nell’anima
«La musica, più di ogni altra arte, utilizza il linguaggio più astratto. Che arriva nel modo più fulminante. A chiunque. Nell’opera, per esempio, non è così: ci sono la scena e il testo che mediano l’impatto. Quando ascolti Schubert, invece, le frasi sono la sua musica, non le devi capire. Ognuno le traduce dentro di sé e a suo modo».