In Italia, un recente rapporto dell’OCSE calcola il tempo necessario per far sì che una persona proveniente da una famiglia povera, salga nella scala dei redditi fino al raggiungimento del reddito medio. Così come negli Stati Uniti, ma peggio di Francia e Germania, sono necessarie cinque generazioni per riuscire a raggiungere redditi medi, ma in Italia invece il 40% delle persone appartenenti ai 15milioni di italiani più ricchi, dichiara di provenire da una famiglia già ricca mentre solo il 17% dichiara di provenire da una famiglia povera.
Come tutti sanno, il nostro paese è caratterizzato da un’ampia variabilità tra Nord e Sud ed anche in questo caso le differenze non mancano. Infatti, uno studio non ancora pubblicato utilizza i dati fiscali per ricostruire la mobilità sociale nel nostro paese svelando una forte divergenza tra le diverse provincie.
A livello nazionale i ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito hanno il doppio della probabilità di diventare “classe ricca” rispetto alle ragazze. Il divario più significativo è però quello che c’è tra il Nord e il Sud per cui, anche tenendo conto del diverso costo della vita, la mobilità intergenerazionale è sostanzialmente più elevata al Nord.
In termini nominali, cioè senza correggere i dati per il costo della vita, le provincie della Calabria, Puglia, Basilicata, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna, sono quelle che registrano la minore mobilità intergenerazionale. Nascere e crescere in queste provincie significa sostanzialmente vedere le proprie possibilità di successo ridursi drasticamente se non si è già in una famiglia altolocata. In media in queste provincie, se si nasce in una famiglia povera si ha solo il 6% delle possibilità di guadagnare 37.500 euro lordi annui. Mentre al Nord, in provincie come quella di Milano, Padova, Bologna o Treviso la probabilità cresce oltre il 20%.
Fin qui è chiaro che siamo davanti ad un problema di disuguaglianza di opportunità. I figli dei ricchi rimangono ricchi e chi è nato in famiglie con un basso reddito, indipendentemente dal proprio lavoro o titolo di studio (anch’essi strettamente correlati al background della famiglia) ha comunque scarse chance di salire la scala dei redditi ed entrare nel 20% più ricco. In sostanza, il nostro reddito sembra essere, per una gran parte, predeterminato dal reddito della famiglia di provenienza, e questo è ancor più vero se si nasce al Sud invece che al Nord.
Nel rapporto OCSE “A Broken Social Elevator?”, vengono descritti molti metodi, ad esempio fare politiche che assicurarono un’educazione di qualità e cura dei bambini già nella primissima infanzia specialmente per i figli delle famiglie più svantaggiate. In questo modo l’intento è di colmare il divario sociale che si crea già prima dell’inizio delle scuole elementari.
È fondamentale anche rafforzare il rapporto tra scuola e famiglia per aiutare i giovani meno privilegiati ad acquisire, attraverso un valido sistema di mentoring, quelle abilità sociali, emozionali, relazionali e anche accademiche, che non riescono ad acquisire a casa.
L’OCSE sottolinea che, anche se gli studenti provenienti da famiglie più povere ottengono eccellenti risultati scolastici, hanno più difficoltà nel trovare lavori ben pagati. Questo è dovuto alla non conoscenza di determinati codici di comportamento, ad un insufficiente rete di conoscenze professionali, alla mancanza di adeguate esperienze di lavoro o anche all’impossibilità di entrare in alcune professioni per le insufficienti disponibilità economiche. Migliorare quindi la transizione tra scuola e lavoro è fondamentale per ridurre queste disuguaglianze di opportunità, ad esempio attraverso servizi di “mentoring sulle carriere” così da informare i ragazzi sui passi da compiere per intraprendere un certo tipo di carriera e aiutarli nel processo di ricerca di un lavoro e compensare chi non può essere aiutato dalla famiglia.
Da queste considerazioni sono partite 15 proposte concrete mirate all’aumento della giustizia sociale in Italia. Riguardo la mobilità generazionale, il Forum ha una proposta tanto semplice quanto efficace: un’eredità universale di 15mila euro da versare ad ogni ragazzo al compimento della maggiore età. Tale misura, scrivono, potrebbe essere finanziata attraverso una tassa sulle successioni oltre i 500mila euro interessando così solo gli ultra-ricchi e cioè solo il 2,5% di chi riceve donazioni in eredità.
Questa proposta avrebbe come obiettivo quello di livellare le disuguaglianze di partenza dando a tutti i giovani, a prescindere dalla disponibilità della famiglia, una risorsa economica con cui avviare una propria attività, studiare in una città diversa da quella dei propri genitori, comprare una macchina per poter lavorare nella città vicina o anche solo risparmiare per investimenti futuri.
Tutto l’articolo con le tabelle, i resoconti e la bibliografia è sul Sole 24 Ore
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