Insegno alla Scuola Primaria da più di 20 anni,tantissimi in mezzo sono stati quelli di precariato serio, senza sconto: cambiavo scuola ogni inizio di anno scolastico, nel bel mezzo di un quadrimestre o alla fine di maggio, prima della festa di fine anno (secondo il “gusto” dei colleghi che via via sostituivo…) e ho conosciuto così tanti bambini,oggi giovani uomini e donne ai tempi del coronavirus, tantissimi colleghi e colleghe, moltissimi genitori.
Sono stata nelle realtà più diverse, ”allacciando”, ogni settembre, le cinture di sicurezza per nuove alleanze, nuovi Patti educativi.
L’ho “dovuto” fare questo percorso, non l’ho allegramente scelto, perché ad ogni concorso che ho espletato e sempre superato, mancavano i posti da assegnare al ruolo, c’erano pure loro i raccomandati di turno, le colleghe e i colleghi magari appena diplomati che avevano un “padrino” o una “ madrina” che li aveva tenuti a battesimo e per loro i posti c’erano,non vi sto raccontando niente di nuovo!
Diciamocelo a chiare lettere,tanto non ci sente nessuno: molti oggi tra i genitori e gli alunni, ma anche tra i docenti, non sanno nemmeno accendere il pc no ne hanno mai avuto uno in casa e da giorni sbraitano contro il Ministero della Pubblica Istruzione e il Padre Eterno per la didattica a distanza
!Io ho finito il precariato in seguito ad una sentenza di un giudice del lavoro, ma ero già di ruolo al nord, in una scuola di una grande città d’arte dove solo io che arrivano dal profondo sud,più vicino all’Africa che al resto del mondo,avevo competenze per il registro elettronico: la’ non lo avevano nemmeno in uso e non avevano nessuna intenzione di iniziare a conoscerlo, piuttosto avevano il tempo pieno e dei giardini curati intorno alla scuola insieme a delle aule mense degne di sale dei ristornati a cinque stelle.
Questo “mio viaggio” oggi ho deciso di scriverlo e posso raccontarvelo in almeno due modi.
Il primo segue il registro della lotta per il lavoro come concetto di massa, quello che va per la maggiore in questi casi ,è una narrazione che si aspettano tutti ed è sempre efficace,perché vuole catturare la vostra ammirazione e sopratutto la vostra compassione.
La stessa storia però VE LA VOGLIO raccontare così, come preferisco e mi sento di raccontarla per distogliere la vostra attenzione dalla mia vicenda personale ed entrare invece nel merito della diatriba in corso nel mondo della scuola per i fondi destinati dal Ministero della Pubblica Istruzione, qualche giorno fa, alle scuole, per la didattica a distanza.
Per la mia strada e il mio lavoro ho incrociato moltissimi alunni, colleghi, dirigenti e moltissime famiglie, la stragrande maggioranza di noi, di loro, è gente che molto probabilmente ha tenuto insieme il sistema scolastico lontano dalle tastiere dei pc.
Nella stragrande maggioranza dei casi,tra tutti quelli ai quali ho insegnato o dei quali sono stata collega c’erano quelli che correvano avanti da soli, in silenzio, senza avvicinarsi ad alcun assembramento, proprio come ci hanno imposto ai nostri giorni.
Ci stiamo sacrificando oggi come nessuno mai avrebbe potuto prevedere:alunni, docenti, famiglie,capi di istituto. Poco o tanto, qualcuno tra noi, fra loro, fa finta da sempre di saperlo fare e noi facciamo finta di crederci, ma c’è un dato di fatto per molti:milioni di persone chiuse in casa a lottare con la connessione lenta spesso solo del cellulare…Ma questo sacrificio lo reggiamo se chi ha potere di decidere cambia radicalmente modalità di comunicazione in presenza, ancora prima di quella virtuale.
Le persone stanno morendo davvero, ma per mezzo di un tablet dalla sala di rianimazione i nonnini comunicano con i figli e i nipotini a casa,grazie alla disponibilità dei medici e del personale sanitario tutto, non è una ricostruzione virtuale della peggiore sceneggiatura horror, è la peggiore emergenza sanitaria del dopoguerra, nessuno ne dubita più.
Parliamo degli alunni, delle sperimentazioni in atto per le video lezioni, di chi ce l’ha fatta come me da giorni, mettendo in campo le più belle emozioni…Diciamoci che questo lavoro oggi ha un senso più di ieri:con la paura, il lamento e le petizioni per destinare gli stessi fondi alla sanità ci troviamo tutti d’accordo, parliamo la stessa Lingua in questo momento, ma la sanità tutta meritava un premio più GRANDE da sempre,molti di più degli 85mila euro destinati, ora, alla didattica a distanza nelle scuole!
L’angoscia di non riuscire a farcela è il tassello che fa crollare tutto, oltre il mondo della scuola, tutto quello che ancora sta in piedi…
Da questo terribile virus si esce, quello che non conosciamo è il DOPO…
Non chiedete di ritirare nessun decreto, che cosa vi importa, c’è un enorme sforzo collettivo, unico nel suo genere di restare connessi, di guardarsi negli occhi, di emozionarsi…
Un Paese serio, ma ferito, rispettiamolo, aiutiamolo, smettiamola di terrorizzarci, perché verrà il giorno che nessuno crederà più a quello che scriviamo, che non crederà più a queste misure e che sceglierà l’ignoranza del commentatore di turno che scambia l’operatrice della Lingua dei segni per una donna agitata del paesano o della paesana che attacca volgarmente ogni provvedimento amministrativo del suo Comune, comodamente da casa sua, innescando una catena di commenti inqualificabili che leggono anche i suoi figli e i suoi nipoti.
Siate seri, siamolo tutti!
Meno voci, più notizie certe, più serietà su questa tragedia, che non è una gara al rilancio di petizioni in corso, impariamo tutti ANCHE la Lingua dei segni.
Giusy Zisa
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