Vorrei rispondere quello che scrive il signor Vincenzo Galdi sotto il titolo “L’IRC contraddice la laicità dello Stato: sarà vero?”
Il signor Galdi scrive “che è la Carta costituzionale a conferire l’autentico significato di laicità, e non la libera elucubrazione del singolo cittadino”, quando lo stesso passo della sentenza della Corte Costituzionale che egli cita e su cui fa leva nella sua lettera (Sentenza n. 203/1989) parla del “principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione”.
Dunque una cosa è la laicità prevista, secondo il parere della Corte, dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione un’altra “l’autentico significato di laicità”, dal punto di vista concettuale, su cui ciascuno può elucubrare come desidera.
Detto ciò la suddetta Sentenza della Corte si appoggia alla Legge 25 marzo 1985, n. 121 che ratifica la revisione del Concordato e in cui compare la frase “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”, in parte ripresa dalla Sentenza.
A commento, la Corte approva il passo della Legge con questa argomentazione: “Il genus (valore della cultura religiosa) e la species (principi del cattolicesimo nel patrimonio storico del popolo italiano) concorrono a descrivere l’attitudine laica dello Stato-comunità, che risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato-persona o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini”.
Dunque, la Corte si appoggia alla Legge n. 121 del 1985 e prende atto del suo contenuto dottrinario, scegliendo adeguati termini giuridici d’epoca. Ne consegue un esito opposto a quello indicato dal signor Galdi.
Il signor Galdi scrive che “il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica, non supporta la tesi del “privilegio concordatario””, ma pare, al contrario, che il “principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione”, sia stabilito dalla Corte tenendo conto del “privilegio concordatario”.
La Corte nel 1989 non ha fatto altro che confermare il contenuto della legge n. 121 e definire cosa sia uno Stato laico che fornisce un insegnamento della Religione cattolica in “conformità alla dottrina della Chiesa”, come stabilito dagli accordi sottoscritti nel 1987 dalla CEI e dal ministro Franca Falcucci: insegnamento orientato, tra l’altro, a promuovere nei piccoli “l’accostamento oggettivo al fatto cristiano, l’apprezzamento dei valori morali e religiosi e la ricerca della verità, in vista di una personale maturazione della propria identità in rapporto a Dio, creatore e padre universale”.
Chi scrive pensa che sia uno strano modo di concepire la laicità quello di chi accetta che lo Stato insegni la dottrina in vista della personale maturazione della propria identità da parte di bambini e adolescenti “in rapporto a Dio, creatore e padre universale”. Ma il signor Galdi ha del tutto ragione a dire che non serve a nulla sostenere che l’ora di IRC è incostituzionale: essa trova largo spazio nell’idea di laicità dedotta, nel 1989, con vero e italico genio creativo, dalla Corte, forse per dare una parvenza di modernità a una Costituzione che, nel suo art. 7, è una povera figlia di un brutto passato che andrebbe cancellato.
Giuseppe Farinetti
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