Che il latino e il greco, da lingue “morte” siano spesso invece al centro dell’attenzione non c’è dubbio. È nota la recente decisione dell’università di Princeton, nel New Jersey, il cui Dipartimento di Studi Classici ha eliminato l’obbligo di studiare il latino e il greco per i suoi studenti. Nel Regno Unito, da settembre 2022 il latino entrerà in quaranta istituti, per ragazzi dagli 11 ai 16 anni, (con un investimento di 4 milioni di sterline) affinché la lingua classica, come ha detto il ministro dell’istruzione, che ha una reputazione di materia elitaria, riservata solo a pochi privilegiati, e che invece può dare così tanti benefici ai giovani, possa essere diffusa e porre fine a questa disparità. In Francia il latino si studia nelle scuole secondarie se scelto e in Germania lo si studia al ginnasio e molte università richiedono una certificazione tra i requisiti d’accesso. In Spagna è obbligatoria per chi frequenta studi umanistici negli ultimi due anni di liceo. In Belgio è una materia opzionale e nei Paesi Bassi, in alcune scuole superiori d’élite è affiancata al greco per i primi tre anni. In Grecia il latino è obbligatorio per chi vuole studiare legge, scienze politiche e sociali o materie umanistiche all’università. In molte nazioni europee – Austria, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Islanda, Macedonia del Nord, Portogallo, Romania, Serbia e Slovenia – il latino si studia nei corsi di tipo ginnasiale. In Svizzera un’indagine recente ha mostrato che il maturando modello è donna, figlia di accademici e ha seguito le lingue antiche al liceo. In China nella capitale esiste da circa 10 anni un centro studi chiamato Latinitas Sinica, che fa parte della School of European Languages and Cultures of Beijing Foreign Studies University, e viene pubblicata una rivista Journal of Latin Language and Culture, in cinese e latino.
Da inizio febbraio sono in edicola due volumi, uno dedicato al greco antico, Instant Greco Antico, di Roberta Meneghel, e l’altro Instant Latino, di Stella Merlin Defanti. Si tratta di due volumi che vogliono dimostrare come possa essere interessante e moderno anche lo studio di lingue complesse come il latino e il greco.
Abbiamo chiesto alla ricercatrice Merlin Defanti se scrivere un volume per apprendere/migliorare la conoscenza del latino, dedicato non solo a studenti in difficoltà o curiosi, ma ad un pubblico più vasto si colloca in una strategia più vasta per il rilancio o piuttosto la riscoperta della lingua.
Come studiosa di glottologia e linguistica generale, so che tutte le lingue del mondo meritano la nostra attenzione, siano esse lingue ufficiali o meno, parlate da milioni di persone o anche solo da una piccola comunità di tre o quattro individui, lingue del presente e lingue del passato. Il latino è una lingua del passato, per certi aspetti una lingua morta visto che nessun bambino la impara come prima lingua, ma in realtà è ancora viva nelle sue lingue figlie, cioè le lingue romanze, ufficiali e non ufficiali come i dialetti italoromanzi, cioè i dialetti che parliamo in Italia accanto all’italiano. Ma non solo: il latino, insieme al greco antico, continua ad essere un serbatoio lessicale per la creazione di nuove parole, spesso appartenenti ai lessici specializzati, come quelli delle scienze, ma anche nella pubblicità, come i nomi dei marchi di prodotti inventati a partire da parole o radici latine o greche, comuni a varie lingue contemporanee. Sappiamo che computer viene da un verbo latino computare ‘contare, calcolare’ e che smartphone contiene la radice greca phoné che significa ‘voce’, che ritroviamo nel vecchio telefono associata al greco tele- (presente anche in televisione, telelavoro ecc.) che ci rimanda al significato di ‘lontano, a distanza’. Riscoprire il latino significa quindi da un lato riscoprire una lingua che in realtà conosciamo già in parte senza saperlo in quanto parlanti una lingua derivata storicamente dal latino. Dall’altro ci permette anche di prendere consapevolezza delle strutture che accomunano le lingue romanze e di quelle espressioni che sono entrate a far parte di un lessico condiviso “internazionale”. Inoltre, (ri)scoprire il latino potrebbe persino aiutarci a imparare meglio una lingua romanza che magari ci sembra particolarmente distante come per es. il friulano o il romeno. Infine, conoscere il significato delle espressioni latine ancora usate in italiano (ma anche in altre lingue) ci consentirà di usarle correttamente e a proposito.
2) Qual è oggi secondo lei il modo migliore e più efficace di affrontare lo studio del latino, considerando per esempio il supporto delle tecnologie?
Come parlanti di italiano, possiamo sicuramente provare ad affrontare il latino con maggiore spontaneità, provando innanzitutto a capire il senso generale di un testo, prima di passare ai dettagli linguistici e stilistici. È vero che all’interrogazione a scuola forse questo non basterà, perché saremo chiamati ad analizzare i dettagli, a dire per es. che consul, consulis è un nome della terza declinazione che al dativo e ablativo plurale fa consulibus e per questo dovremo studiare le declinazioni a memoria, come si faceva una volta, fin dai tempi degli antichi Romani. Ma la cosa fondamentale rimarrà sempre quella di sapere il significato e l’uso di consulibus, e cioè che a seconda del contesto significa ‘ai consoli, per i consoli’ oppure ‘riguardo ai consoli’ se preceduto da de. Gli strumenti che rendono lo studio più efficace sono ormai moltissimi: esistono numerosi siti dedicati allo studio del latino, esistono associazioni che promuovono un apprendimento immersivo nella cultura classica, a partire, necessariamente, dalla lingua (per esempio https://vivariumnovum.net/it). Per fare ricerca esistono banche dati che raccolgono l’intero corpus edito della letteratura latina e che ci danno la possibilità di confrontare le attestazioni di un singolo termine, di una frase, di una struttura grammaticale. Ci sono le banche dati dei manoscritti che ci permettono di leggere testi che si trovano nelle biblioteche in giro per il mondo stando seduti alla nostra scrivania di casa. Giriamo il mondo, viaggiamo nello spazio e addirittura nel tempo grazie alle tecnologie. Ma alla base della conoscenza, a mio avviso, ci deve essere sempre la curiosità e il desiderio di capire come funzionano le cose. Le tecnologie raccolgono i dati per noi ma il grosso del lavoro, per fortuna, spetta (ancora) alla nostra mente. Buon latino a tutti!
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