Ecco un memento a momento di attenzione, tra il serio ed il faceto, nient’altro di più! Non è un Moment da rompicapo, intendiamoci!
Sono le lingue più vere della storia delle civiltà, perché sincere (da sine +cera, senza cera, maschera): metti la cera, togli la cera! Per la serie, un look classico con un trucco e parrucco capaci di non snaturare la nostra identità, quella che ci accompagna, prima che noi nascessimo.
I classici sono non solo le lingue matrici ma le prime lingue globali pan-mediterranee: Lingue regine, non da rotolo Regina (da strappo), perché diversamente avremmo una Torre di Babele in questo, non del tutto facile, terzo Millennio!
La cultura antica rappresenta i geni ed il genio della creatività: il dialetto che ne è un suo fossile, grazie ad essa, ha fatto carriera, approdando all’italiano corrente in un cursus honorum che, senza questa es-senza, rischierebbe di divenire un nuovo analfabetismo di ritorno.
In principio era il Verbo, la parola: siamo figli di categorie logiche. Il logos, figlio della Scuola dell’Ellade, infila i segni linguistici come i grani di un rosario; apre le menti rinnovandole, rigenerandole. Antico Presente, che roba!!!(Buona)novella!
La lingua è nuova con basi antiche, un miracolo giovane: in quest’unicità è straordinaria, perché liturgia di segni di una comunità che sopravvive, volente o nolente, nella nostra comunicazione. Anche Cristo pare conoscesse il latino ed il greco: un giovane di 2000 anni che continua a dirci qualcosa in più attraverso le sfumature di un dizionario divino. Anche lui evergreen, da far invidia alla Vichy!!!
La lingua classica è un angolo di Paradiso. Paradiso, Paradiso, preferisco il Paradiso, diceva Filippo Neri: passare per l’antico fa bene all’anima, insomma! Alla fine dei tempi ci aspetta l’Apocalisse, parola greca; quindi, in ultimo, ci è compagno il Greco, non sfiguriamo! Prepariamoci alla Rivelazione!
Il classico come educazione integrale alla responsabilità: cittadini di prima classe. Altrove sono, semplicemente, fuori…allo sbaraglio, perché sradicati dalle radici, che fanno la nostra identità culturale.
L’educazione al suono e all’armonia parte da lontano: musiché, carmina; si faccia un confronto tra il mandarino o il tedesco ( senza delegittemarli [sia chiaro], li ho presi a caso!) ed il greco, ad esempio, la differenza è abissale. Plus factor, la fonetica antica, da X-factor!
La cultura antica è un incontro di bellezza, detto ex abrupto: non è sindrome da brutto anatroccolo, ma fatto estatico. De gustibus disputandum non est, utilizzato con ironia, è de gustibus sputandum non est. Eh sì, con vis comica, non si sputa nel piatto della Provvidenza! Se la lingua di suo è un mare di ambiguità, non anneghiamole, già annaspano, acciderba! Rincontriamole con un Salve, formula di saluto che, con scambio di lettere, è Svela: il Segreto, non la soap-opera, Voilà!
Ricordo in ultimo i monumenti che dicono tutto ancora dell’antico. E le scoperte archeologiche sono sempre nuove, perché l’antico, grazie ad esse, si fa nuovo: una sorta di energia rinnovabile.
Connessione a costo zero per non stare sconnessi con i tempi, per concludere: Social, sì, ma non asociali di quella socialità che ha fatto cultura, costume, società ovunque e per sempre.
Francesco Polopoli
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