In un istituto superiore di Treviso si è inaugurata l’aula di mediazione, un luogo in altri termini dove i conflitti scaturiti dentro la scuola vengono dibattuti e chiariti, esaminati e discussi per trovare infine un punto di mediazione condiviso e accettato da tutti, senza punizioni e senza ricorrere a metodi repressivi come quelli indicati dal ministro che vorrebbe sanzioni e lavori socialmente utili per chi sgarra.
La notizia è riportata dal Fatto Quotidiano che sottolinea come questo nuovo esperimento sia simili a “un vero e proprio mini tribunale composto da professori e studenti per risolvere le controversie interne”.
In questa scuola l’obiettivo è quello di impiantare un dialogo e un confronto, una riflessione seria, coinvolgendo sia la persona offesa sia chi l’ha compiuta. Insomma, non si tratta di giudicare un fatto, ma di dare parola alle parti in conflitto, in uno spazio riservato, dove ciascuno ha la libertà di esprimere le proprie ragioni.
Dunque, quando ci sarà un litigio, una controversia, un atto di bullismo tra ragazzi o tra alunni e docenti, in maniera volontaria, i soggetti coinvolti potranno usufruire della mediazione, non già dunque di un giudice, ma elaborata da studenti che sono stati a lungo formati per rivestire questo ruolo.
Il mediatore dovrebbe allora parlare poco ma molto ascoltare ed essere il suo un ascolto competente, cioè empatico e soprattutto non giudica, non prende posizione a favore di una delle parti. Non ha schemi di riferimento prefissati per condurre la mediazione.
“Vogliamo dare”, spiega la dirigente al Fatto, “una dimensione diversa al riparare il male facendo altro male; ad esempio somministrando una sanzione se non hai rispettato il regolamento. Vogliamo restituire la dignità alla persona offesa ma anche stimolare l’empatia di chi ha compiuto qualcosa che non va. Non obblighiamo gli studenti ma è un principio di volontarietà”.
A fare da mediatori sono dieci studenti di terza, quarta e quinta che con venti docenti hanno seguito un corso proposto dall’associazione “La Voce”.
“La mediazione viene fatta in diverse fasi e step con più incontri tra lo studente offeso e chi ha compiuto il danno”.
“Per formarsi, il mediatore”, sottolinea Maria Martello, esperta di mediazione legale”, deve innanzitutto studiare, studiare e poi studiare… se stesso. La formazione parte prima di tutto da se stessi e dal senso che al conflitto si attribuisce. Occorre alfabetizzarsi alla relazione con se stessi prima che con gli altri e conoscere il proprio livello di intelligenza delle emozioni. Imparare a fare i conti con le proprie zone d’ombra e di luce. Con le proprie emozioni positive e negative”.
In ogni caso per la scuola di Treviso, si tratta di un modello che potrebbe servire anche a governare i conflitti tra professori o con la stessa preside: “Perché no? Non escludo – dice la preside -di utilizzarlo anche per noi adulti magari con un docente come mediatore al posto di un ragazzo”.
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