Cresce la voglia di trovare lavoro all’estero: nel 2012 uno studente su quattro, una volta preso l’agognato pezzo di carta ha fatto le valigie, molti dei quali senza il biglietto di ritorno. Il dato, in forte crescita, è contenuto in una ricerca realizzata da “Editutto”, presentata il 24 ottobre durante un convegno organizzato dalla Fondazione Malavasi-Scuole Manzoni di Bologna.
Ebbene, in dieci anni sono andati via dall’Italia quasi 700 mila laureati, passando dall’11,9% del 2002 al 27,6% del 2012, una media di 68mila all’anno. Secondo i ricercatori che hanno compiuto lo studio, siamo di fronte ad un “salasso competitivo”: la loro formazione è costata nel complesso 8,5 miliardi, ovvero quanto un anno di finanziamenti all’Università a alla ricerca. Il fatto che dopo il titolo di studio un giovane senta l’esigenza di completare il proprio percorso formativo o fare un’esperienza di lavoro all’estero non è, di per sé, un male. Fa parte della cosiddetta ‘brain circulation’, ovvero lo scambio di giovani altamente formati che avviene in tutti i paesi sviluppati.
Il problema non sono tanto le partenze dei ragazzi, che tutto sommato sono in linea con il resto d’Europa, quanto l’assenza di arrivi. Questa circolazione, infatti, in Italia, a differenza degli altri paesi europei, è quasi a senso unico. Le mete preferite, secondo la ricerca, sono Germania, Gran Bretagna, Argentina, Brasile, Stati Uniti e Australia. Qualcuno sta via un anno per un master o un’esperienza formativa di alto livello.
Il punto è un altro: quello che molti di loro non tornano in Italia. E questo avviene, spesso, per via del contributo all’attività scientifica fornito loro dai paesi che li hanno ‘adottati’: nell’ultimo anno ci sono state otto scoperte depositate all’estero dai ricercatori italiani come autori principali, oltre ai 66 brevetti che hanno visto la partecipazione di italiani in qualità di membri del team di ricerca.
Il convegno che si è svolto a Bologna, dal titolo ‘Il ritorno dei cervelli, dibattito sul futuro dei nostri ragazzi fra continuità scuola-lavoro e innovazione’ si è posto innanzitutto la questione di favorire il rientro in Italia di queste persone. Fra le soluzioni sono state individuate la lotta al nepotismo e al baronismo e l’urgenza di strutturare un mercato del lavoro più equo, dove tutti abbiano tutele adeguate. Solo utopia?
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