Su Repubblica.it si legge: “Non è raro incontrare, nei corridoi dei provveditorati agli studi in attesa di un incarico, anche laureati rimasti senza lavoro che ambiscono ad un posto di bidello. E’ la Lombardia, con 193mila “aspiranti” in lista, la regione col maggior numero di iscritti. Ma sono le regioni meridionali che battono il record di iscritti: ben 624mila, pari al 43 per cento del totale”. E ancora un anno fa su La Stampa.it si scriveva: “Sei anni fa, con l’inizio della crisi, abbiamo cominciato a vedere persone che mai prima ci saremmo sognati di vedere aspirare a un posto da bidello: laureati in ingegneria che avevano perso il posto o a cui era fallita l’impresa… Adesso arrivano i docenti, ma anche genitori di laureati all’insaputa dei figli e presentano la domanda dicendo “Fosse anche solo per qualche giorno, almeno si guadagna qualcosa per le sue necessità”». In pratica, potrebbe capitare in una stessa scuola di ritrovare in aprile come bidella la supplente di lettere conosciuta in novembre”. Oggi con la possibilità dei trasferimenti obbligati al Nord derivanti dall’applicazione della legge 107/15, queste pratiche di demansionamento volontario potrebbero aumentare a dismisura al doloroso grido “meglio bidello che emigrante”.