I laureati italiani hanno sempre più difficoltà a trovare un impiego in linea con i loro studi: la conferma è arrivata sabato scorso a Bologna, durante la presentazione dell’indagine del consorzio interuniversitario AlmaLaurea sulla “Condizione Occupazionale dei laureati italiani”. Secondo l’indagine, giunta alla nona edizione, risulta che ad anno dal conseguimento della laurea triennale – cosiddetta “breve” – nel 2005, il tasso di occupazione è sceso al 45%, addirittura il 10% in meno rispetto all’anno precedente. Tra le discipline scientifiche le cose vanno un pochino meglio (in media il 44,9%) per coloro che hanno scelto Facoltà scientifiche, in particolare Statistica. Se da una parte il dato può essere giustificato dall’aumento della percentuale (il 62,5%) di coloro che non si propongono sul mercato del lavoro ma proseguono gli studi per ottenere la laurea specialistica, dall’altra rimane sconfortante: il 30% di chi prosegue gli sturi ha dichiarato infatti che lo fa esclusivamente perché teme che il primo livello serva poco o nulla.
E non va meglio nemmeno tra i laureati della pre-riforma Moratti, precedente al “tre + due”: negli ultimi cinque anni è infatti diminuita dell’8% la quota di coloro che hanno una occupazione stabile a un anno dalla laurea. Ad avere più possibilità risultano i “dottori” che continuano il lavoro già iniziato prima della laurea e più gli uomini che le donne. Anche rispetto alla media europea (dell’89%) la cosa non vanno bene: in Italia a cinque anni dal conseguimento del titolo universitario solo l’86,4% trova lavoro. Va poi ancora peggio se si verifica l’occupazione ad un anno dall’acquisizione della laurea: lavorano solo il 45% di chi ha conseguito una laurea breve (contro il 52% del 2005) e il 52,4% che hanno completato il percorso di studi. Se si verifica il trend occupazionale dei `dottori’, ovvero gli studenti che hanno completato i cinque anni, dal 1999 ad oggi si scopre che c’è quasi il 4,5% in più di giovani senza lavoro. I giovani sono inoltre i primi a subire le conseguenze delle riforme dei contratti di lavoro: sempre ad un anno dalla laurea, può vantare un contratto a tempo indeterminato appena il 33% dei giovani con la mini-laurea di tre anni (mentre nel 2005 erano il 40%). E il titolo accademico non garantisce un impiego nemmeno alle eccellenze: nei primi 12 mesi trovano lavoro solo quattro laureati su dieci con 110 e lode. Confermata, rispetto allo scorso anno, la tendenza ad assorbire laureati soprattutto in alcune zone d’Italia: al Nord già entro i 12 mesi successivi alla tesi di laurea il 60% continua a non avere problemi di occupazione; esattamente il contrario di ciò che accade al Sud. Un quadro squilibrato che perdura nel tempo: a cinque anni dal titolo, al Nord la media degli stipendi è di 1.355 euro al mese, mentre al Sud ci si ferma a 1.167 euro. Da rivedere, invece, il mito della laurea che migliora la condizione economica: in media chi ha finito i tre anni universitari non arriva a portare a casa mille euro (969 per l’esattezza); mentre chi ha continuato fino alla laurea quinquennale riesce appena a sforare la fatidica quota attestandosi a 1.042 euro. Più che giustificato quindi l’esodo verso l’estero: oltre confine, infatti, a cinque anni dalla laurea gli stipendi sfiorano i 2.000 euro.