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Lauree e abilitazioni prese in Italia: all’estero non valgono. Berlinguer: riconosciamole

All’estero la laurea, la docenza universitaria e l’abilitazione all’insegnamento non sono riconosciute: questo è un problema che andrebbe superato al più presto.

A dirlo è stato l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, nel corso dell’incontro internazionale G7 Università conclusosi il 30 giugno a Udine.

“L’Unione europea non ha competenza sulle materie scolastiche universitarie”, e il successo del Manifesto del G7 Università “si può realizzare solo a condizione che l’Europa possa occuparsi di questa materia”, ha detto Berlinguer.

In effetti, per quanto riguarda i corsi di laurea conclusi in Italia, per chi va all’estero quasi sempre occorre un’integrazione degli esami (a volte anche sostanziosa), poiché solo una parte degli esami svolti e dei crediti accumulati viene riconosciuta dal Paese dove si intende operare.

“Come si fa – ha chiesto l’ex responsabile della Pubblica Istruzione a fine Anni Novanta – a far convergere le politiche universitarie dei vari Stati per arrivare sempre più a una forma di mercato del lavoro per i giovani laureati che favorisca il riconoscimento dei vari diplomi? In Francia o in Inghilterra non riconoscono la mia laurea, o la mia docenza. Questa è la prima cosa grossa che noi auspichiamo”.

 

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Non si può non concordare con Berlinguer. Perché rendere spendibili i titoli acquisiti in Italia almeno a livello Ue (uniformando una parte dei programmi e della formazione svolta), potrebbe costituire un’importante opportunità laddove nel nostro Paese (purtroppo spesso) non vi siano prospettive di occupazione.

Una curiosità: a seguito di un accordo con l’Unione, solo le abilitazioni all’insegnamento conseguite in Spagna, vengono riconosciute negli altri Paesi aderenti.

Berlinguer si è quindi soffermato sul problema della dispersione e del mancato proseguimento degli studi a livello universitario: “in Italia abbiamo zone dove sono deboli la partecipazione universitaria e la qualificazione. Io non sono dell’idea che tutti debbano diventare studenti universitari, tutti devono finire la scuola secondaria, che sia liceo, istituto tecnico o istituto professionale”.

“Però è anche vero che ci sono delle zone in cui l’affluenza dei ragazzi all’università è insufficiente, soprattutto in Italia è sottovalutata la politica del diritto allo studio. La spesa ci vede penultimi in Europa. Prima di tutto bisogna dare più soldi all’Università, e soprattutto più soldi alle famiglie degli studenti, e aumentare il numero di ricercatori, che è il più basso della media europea. Queste sacche di arretratezza, pur essendo noi in una buona situazione ci fanno dire che abbiamo problemi che vanno affrontati”, ha concluso Berlinguer.

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Alessandro Giuliani

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