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L’autonomia differenziata approvata in Senato. I COBAS: non resta che una mobilitazione popolare

Via libera del Senato, lo scorso 23 gennaio, all’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Approvato in prima lettura con 110 sì, 64 no e 3 astenuti, il DDL Calderoli riceverà un altro sì da Montecitorio con il passaggio definitivo alla Camera. Dopo essere stato analizzato in I Commissione Affari Costituzionali con ben 61 soggetti auditi, di cui in 35 hanno espresso parere contrario, lo scorso 16 gennaio il DDL Calderoli (disegno di legge 615) è approdato al Senato; contemporaneamente si è registrata una straordinaria mobilitazione popolare su proposta del Tavolo NO AD, di cui i COBAS sono parte costituente, con presìdi in 28 città (Trieste, Venezia, Torino, Varese, Como, Brescia, Milano, Pavia, Genova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Bologna, Ancona, Viterbo, Roma, Latina, Frosinone, Avellino, Napoli, Potenza, Bari, Catanzaro, Vibo Valentia, Catania, Enna, Trapani e Francoforte), nel corso dei quali è stato consegnato ai Prefetti un documento che ha motivato le ragioni di una protesta iniziata più di 5 anni fa.

I COBAS, presenti in tutte le piazze mobilitate, hanno ribadito con coerenza e profonda convinzione le motivazioni per cui va portata avanti la lotta iniziata nel febbraio del 2019, rimarcando con fermezza la contrarietà al disegno di legge sull’Autonomia differenziata, vero e proprio attacco all’unitarietà dei diritti sociali, destinato a produrre una cristallizzazione dei divari esistenti e un aumento delle disuguaglianze. Come annunciato nel decreto Milleproroghe, si rinnova per un anno la cabina di regia politica per i Lep posticipando il termine ultimo dei lavori a dicembre 2024. Una volta approvato il DDL, anche senza che sia terminato il lavoro sui Lep, la Regione potrà chiedere l’Intesa con lo Stato sulle materie che non hanno bisogno di Lep. A tal riguardo interviene Adriano Giannola, presidente dello Svimez, che ammonisce di prevedere risorse aggiuntive che consentano all’Italia centro-meridionale di recuperare i ritardi ingiustamente accumulati negli ultimi vent’anni e che occorrono oltre 100 miliardi per colmare il gap. Le conseguenze, infatti, sarebbero gravissime: privatizzazione di sanità, istruzione, servizi pubblici, ricerca. Tale inaccettabile progetto secessionista spezzerà, in tanti accordi regionali, i contratti nazionali ponendo in concorrenza le Regioni attraverso una corsa al ribasso dei salari e delle condizioni di lavoro. 

Di fronte alle molteplici criticità i COBAS protestano e lottano contro la “sordità” del governo rispetto alle preoccupazioni che in tante occasioni sono state avanzate. A questi timori si aggiunge il grido dei sindaci della rete Recovery Sud che, in una nota inviata alla Gazzetta del Mezzogiorno, lo scorso 15 gennaio, calcolano che la proposta di revisione del Pnrr ottenuta dal ministro Raffaele Fitto colpirà soprattutto le regioni del Sud, che subiranno un taglio di 7,6 miliardi e di 4,4 miliardi distratti dal fondo perequativo infrastrutturale. Tutti questi rilievi, finora avanzati, sono approdati a Bruxelles con una Petizione al Parlamento Europeo, proposta dal Comitato per il ritiro di ogni Autonomia differenziata per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti, in cui si chiede all’UE di impegnarsi a garantire la riduzione del divario territoriale. Dunque, l’Autonomia regionale differenziata porterebbe alla frantumazione del sistema unitario di istruzione, minando nel contempo alla radice l’uguaglianza dei diritti, il diritto all’istruzione e la libertà di insegnamento (Costituzione, artt. 3, 33 e 34), ma subordinerebbe l’organizzazione scolastica alle scelte politiche, prima ancora che economiche, condizionando localmente gli organi collegiali. Tutte le materie che riguardano la scuola, e oggi di competenza esclusiva dello Stato, passerebbero alle regioni, con il trasferimento delle risorse umane e finanziarie. Anche i percorsi PCTO, di istruzione degli adulti e l’istruzione tecnica superiore sarebbero decisi a livello territoriale, con progetti sempre più legati alle esigenze produttive locali, così come sarebbero decisi a livelli territoriali gli indicatori per la valutazione degli studenti. Anche le procedure concorsuali avrebbero ruolo regionale e più difficili diventerebbero i trasferimenti interregionali. Cosa resterà della contrattazione nazionale? Sarebbe destinato a mantenere una residuale funzione di cornice introducendo una versione regionale delle “gabbie salariali”, con i salari di alcune aree del nord che cresceranno, o resteranno stabili, e quelli del centro-sud che diminuiranno.

Noi non abbassiamo la guardia e continueremo a rigettare un disegno le cui decisioni negheranno il principio di eguaglianza formale e sostanziale, in contrasto con la pari dignità dei cittadini prevista dall’articolo 3 della Costituzione, che incideranno profondamente sulla vita delle persone frammentando l’assetto istituzionale del Paese, che aumenteranno le distanze tra il Nord e il Sud, le disuguaglianze sociali, la disparità dei diritti.

Carmen D’Anzi  Esecutivo nazionale COBAS Scuola

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