La democrazia all’interno della scuola è stata messa in discussione con l’autonomia scolastica, cioè dal momento che è stata chiamata a svolgere compiti sempre più disparati che non le sono propri per dettato costituzionale, ossia progettare, sperimentare, evitare le forme più disparate di dispersione scolastica, per tenere conto delle politiche scolastiche che vengono dettate dall’Europa.
L’autonomia scolastica ha, di fatto decretato l’abdicazione della scuola ad altri ruoli, non più a quello di essere il luogo per eccellenza della cultura, della formazione e dell’educazione delle nuove generazioni.
La scuola deve credere in se stessa, deve tornare alla sua funzione formante ed educante e non correre dietro alle mille mode culturali del momento e dietro a progetti e sperimentazioni mirabolanti che non fanno altro che distogliere lo sguardo dall’eccessivo degrado culturale in cui la scuola è sprofondata. Nella scuola dell’autonomia si è dato ampio spazio ad una sorta di ipermercato dell’istruzione, che non fa altro che allontanare gli studenti dagli standard formativi che servono agli studenti stessi.
Essi devono essere in grado di aver acquisito le quattro abilità di base, di avere un domani, al termine della scuola superiore e dell’Università, gli strumenti necessari per sapersi orientare nel mondo del lavoro. Invece la scuola dell’autonomia ha creato solo una sanguinosa “guerra” tra le istituzioni scolastiche che corrono dietro ai progetti che creano business più che ai bisogni reali, veri ed autentici degli studenti.
Il PTOF delle scuole altro non è diventato che un calderone pieno di iniziative, progetti di tutte le specie e fatture, che deve presentare ciò che la scuola fa e vuole fare, con idee scintillanti e spesso lontane dagli obiettivi che gli studenti devono raggiungere per superare brillantemente un concorso e poi cercare di entrare nel mondo delle professioni.
L’autonomia ha generato la frantumazione dell’istruzione, la parcellizzazione del sapere disciplinare, trasformandola in un’istruzione ideologizzata, una scatola piena di cose da realizzare ma poco concrete e aderenti alla “vera” realtà scolastica.
Si è andata realizzando, insomma (nei meandri più reconditi del verbo dell’autonomia scolastica) un’aziendalizzazione nascosta dell’istruzione in nome di un dio che attrae molto e fa aprire gli occhi anche ai non vedenti: il denaro.
Mario Bocola
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