I lettori ci scrivono

Lavorare come insegnante? Non conviene, meglio l’industria!

Ho svolto metà della mia vita lavorativa nell’industria e metà come insegnante. Come minimo non dovrebbe essere penalizzante poiché ho portato a scuola anche le mie esperienze di lavoro.

Invece, ormai nell’ultimo anno prima della pensione, mi viene detto che non si può conoscerne l’ammontare, perché sono diventato dipendente pubblico. Avrò la sorpresa a settembre. Peccato che i media e io stesso raccontiamo ai giovani che dovranno cambiare tanti lavori, salvo poi scoprire che ai fini della pensione è favorito, come ai tempi dei loro nonni, chi rimane sempre presso lo stesso datore di lavoro.

Sto ancora aspettando l’aumento di anzianità del 2013, cosa che nessuno dei miei datori di lavoro privati si sarebbe permesso di negarmi, in violazione del contratto.

Ho chiesto al sindacato se rivolgermi al giudice del lavoro, ma mi è stato sconsigliato, perché pare che ci sia stato un solo giudice del lavoro sufficientemente coraggioso dal dare torto allo Stato e non fa precedente. Alla faccia dell’indipendenza della magistratura. Così perderò grazie al ritardo di un anno anche lo scatto di anzianità che mi spetterebbe  il 1° settembre perché sarò pensionato al 31 agosto.

Inoltre, aspetterò la liquidazione almeno un anno quando i miei datori di lavoro privati me la hanno versata subito.

Il mio orario scolastico si estende al pomeriggio tutti i giorni, ma non mi spetta alcuna mensa, servizio reso disponibile da tutti i miei datori di lavoro privati. L’impegno in ore di lavoro è di circa 2/3 di quello che avevo nel privato, ma lo stipendio è di circa 1/3.

I datori di lavoro della mia vita professionale non sono stati particolarmente onesti, hanno evaso le tasse, si sono approfittati impropriamente di finanziamenti pubblici, hanno ingannato gli azionisti, spesso hanno trattato ingiustamente e ingannato anche me, ma devo riconoscere che mi hanno sempre dato le mie spettanze, per tempo, fino all’ultima lira e in modo prevedibile, ad eccezione di un solo datore di lavoro: lo Stato!

Nel privato c’era un capo, un referente, un responsabile, al quale in prima istanza chiedere conto di irregolarità e illeciti, nel pubblico la struttura kafkiana fa sì che nessuno dei capi raggiungibili sia responsabile di nulla. O forse non è stato organizzato da Kafka, ma da Tolkien e il capo è nel Ministero di Sauron, a Mordor o a Roma.

Perché lo Stato, mio datore di lavoro ed assicuratore previdenziale obbligatorio, quello Stato che dovrebbe essere l’esempio e il garante della leggi si comporta con tale disonestà? Perché viola le leggi che lui stesso si è dato? Perché si approfitta con tale oltraggiosa tracotanza della pavidità della magistratura? Come può uno Stato così disonesto aspettarsi il rispetto della legge da parte dei cittadini?

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