Lavoratore, se non accetti ti cancello

Se non accetti ti cancello, l’espressione richiama noto titolo di film che ci ha fatto sognare, eppure molti di noi stanno vivendo un incubo. Sarà parola impropria e utilizzata a sproposito pure questa? Incubo? Come “deportazione”. Tanto da sollevare l’indignazione di qualche altro giornalista? Quanti di noi usano iperbole e metafore nella vita quotidiana per esprime al meglio il proprio stato emotivo? Mi sento uno straccio, sono a pezzi, mi scoppia la testa, sto vivendo un incubo.

Parliamoci chiaro, il mondo insegnante non sta simpatico a nessuno. Questa è l’amara verità. Vi si attribuiscono ancora dei privilegi. E quello che monta è il solito odio sociale che soprattutto in tempo di crisi ci ha messo l’uno contro l’altro, tanto da desiderare di essere tutti uniti dalla stessa sorte: l’assenza di diritti e la pronta punizione verso il lavoratore che si permette di alzare la testa.

Ma la cosa che più mi addolora è che tutti parlino senza conoscere in realtà quello che stanno giudicando . Siamo dei capricciosi che pretendono il posto sotto casa. Ma non è così.

Semplifichiamo le cose, perché la macchina burocratica della scuola è troppo complessa per capirne facilmente i meccanismi. Il governo ci ha chiesto questo: – Io ti do un lavoro, tu non saprai dove, non saprei come, non saprei cosa dovrai fare. Ti sto dando l’opportunità che da anni mi chiedi con tanta insistenza. Ma se non accetti ti cancello – .

Di seguito ho stilato una lista delle motivazione che spero faccia comprende perché gli insegnanti siano tanto addolorati e indignati davanti all’ennesima “prova”, che il governo gli ha sottoposto, solo per svolgere dignitosamente il loro lavoro. Spero abbiate la pazienza di leggere. E di diffondere.

 

COS’E’ QUESTA ASSUNZIONE STRAORDINARIA DELLA BUONA SCUOLA

 

– Un’operazione dettata dall’urgenza, quella creata dal timore di affrontare le sensazioni delle Corte Europea. Fatta in fretta e furia non per rispondere ai legittimi diritti di assunzione maturati, ma per sbarazzarsi al più presto di un problema.

– Il governo non vuole assumere tutti gli aventi diritto: ma se ne vuole sbarazzare, facendone ricadere sul lavoratore le responsabilità.
E’ stata quindi architettata una procedura e stabilito dei criteri che mettessero tutti i lavoratori precari della scuola, destinatari di quell’assunzione, davanti ad un ricatto assurdo: decidere tra la famiglia e il lavoro, dal momento che l’eventuale rifiuto della proposta di assunzione, che nessuno sa su che luogo geografico potrebbe avvenire, determina la cancellazione da tutte le graduatorie e l’impossibilità di poter ancora insegnare, a vita. Neanche da precario.

– Ricordiamo che tutto questo si consuma dentro un’alea che smarrisce e confonde, rendendo impossibile progetti e previsioni, e che trasuda illegittimità da ogni parte: le procedure mancano di trasparenza, non sono stati resi noti i numeri delle cattedre disponibili, né i criteri precisi con cui un algoritmo deciderà della vita di migliaia di persone. Ricordiamo che il numero degli aventi diritto, deciso dal governo, è 102.734. Si parla di più di 100.000 famiglia catapultate nel giro di poche settimane in scenari che mai avrebbero potuto ipotizzare, e caricate dall’ansia e la fretta di decidere in pochi giorni del loro futuro, e del tutto al buio. Da impazzire.

– Il Governo avrebbe potuto gestire la cosa tranquillamente seguendo altre vie, maggiormente rispettose della dignità del lavoratore e delle sue legittime aspettative. Perché non lo ha fatto? Ha optato per la linea del ricatto proprio per far ricadere sul lavoratore la sua incapacità di contravvenire ad errori e abusi nel mondo dell’istruzione perpetrati per anni. In realtà ancora una volta si tratta di una scelta politica.

Dall’anno prossimo migliaia di insegnanti si avvicenderanno sull’intero territorio nazionale, anche a seguito della più grande mobilità della storia dell’istruzione, nel 2016. E ancora una volta, quello che non si capisce mai è che a patirne non saranno solo gli insegnanti, ma l’intero mondo della scuola, studenti, famiglie.

I lettori ci scrivono

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