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Lavoratori ex enti locali, polemiche e ricorsi infiniti

Si torna parlare, con toni polemici e minacce di ricorsi, della vicenda delle decine di migliaia di lavoratori degli ex enti locali “assorbiti” oramai quasi dieci anni fa negli istituti scolastici per svolgere mansioni da Ata e da insegnanti tecnico-pratico: a scatenare le reazioni stavolta è stata una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 311/2009) che ha di fatto avallato l’accordo sottoscritto tra sindacati e Miur sull’azzeramento della posizione stipendiali dei lavoratori confluiti negli organici della scuola.
Non tutti i sindacati hanno però firmato quell’accordo. Alcuni, anzi, hanno intrapreso azioni legali. Come l’Unicobas, che appreso della sentenza, ha fatto sapere di aver immediatamente incaricato i propri legali per decidere le prossime “mosse”.
Secondo il coordinatore nazionale Stefano d’Errico quello che sta accadendo corrisponde ad un arbitrio assoluto, reso possibile anche dall’insipienza dei sindacati autonomi della scuola e dall’aperta connivenza dei sindacati Confederali, artefici dell’accordo-truffa che ha azzerato l’anzianità di servizio maturata“. In questi anni i lavoratori si sono autocostituiti in un Coordinamento nazionale Ata e Itp ex EE.LL., con lo scopo di rilanciare le iniziative di lotta per il riconoscimento di un diritto costituzionale negato. Ora però la fondatezza di costituzionalità rappresenta un “duro” colpo.
Questa sentenza – afferma ancora d’Errico – ci fa vergognare di appartenere ad un Paese dove la giustizia è solo un gioco, gestito sul tavolo ‘bipartisan’ di maggioranze di governo e false opposizioni”. Della vicenda si sta occupando anche la Suprema Corte Europea, sollecitata sempre dai sindacati: “vedremo se anche la Ue, ma sarà difficile sia scesa al medesimo livello, si è per caso ‘italianizzata’”.
Come noto, il danno economico per i lavoratori coinvolti è notevole: ci sono in ballo diverse centinaia di euro al mese. Forse va ricordato alla classe politica italiana – ha detto sempre d’Errico – l’esistenza di una sottocategoria di lavoratori a tempo indeterminato che nel pubblico impiego, non nei call centers, con 20 e più anni di anzianità di servizio, percepiscono salari di 900 euro mensili proprio per responsabilità precipua di chi ha partorito, e mai modificato, il comma 218 della legge finanziaria 2006, la quale ha stravolto l’iter giudiziario dei ricorsi, sino alle ben 8 sentenze della Corte di Cassazione del 2005, tutte favorevoli ai lavoratori. Sentenze che però a causa dell’alto numero di dipendenti coinvolti potrebbero non bastare: in “ballo” ci sono molti soldi. Che in un momento così tragico per le casse dello Stato costituirebbero un problema notevole. Meglio, allora, prorogare la soluzione. A colpi di sentenze.
Alessandro Giuliani

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