Personale

Lavoratori pubblici, la grande “fuga”: tra 10 anni un terzo in pensione per limiti di età. Scuola e Sanità rimarranno con buchi di personale?

Malgrado la conferma della Legge Fornero, che fa tanto arrabbiare i sindacati, tra dieci anni circa il 35% dei dipendenti pubblici adesso in attività sarà stato collocate in pensione: la stima arriva dall’Inps che nell’Osservatorio sul pubblico impiego sottolinea che i dipendenti pubblici sono in prevalenza n realtà molto avanti negli anni. Quelli con almeno 55 anni nel 2022 erano ben 1,35 milioni, circa il 36% dei 3,7 milioni che nell’anno ha avuto almeno una giornata retribuita dallo Stato.

Considerando che l’uscita “naturale” è collocata oggi, dopo l’approvazione della Legge Monti-Fornero del 2011, a 67 anni di età (o circa 42 anni di contributi), la maggior parte di questi dipendenti nel 2033 sarà uscita dal lavoro.

A rendere ancora più complicata la situazione ci sono anche altre statistiche: solo il 22,1% degli statali ha meno di 40 anni e appena il 6,75% ha meno di 30.

Ne consegue, rileva l’Inps, che “nei prossimi anni sarà determinante la politica di assunzioni per evitare che settori centrali a partire dalla scuola e dalla sanità restino a corto di personale. E il rischio esiste anche perché sono stati molti i casi di rinuncia di candidati ai concorsi pubblici soprattutto per qualifiche tecniche e sarà determinante anche l’offerta salariale in concorrenza con le aziende private”.

Nel pubblico al momento lavorano soprattutto donne (il 60,68%% del totale) mentre i dipendenti sono distribuiti prevalentemente al Nord con il 42,8% del totale.

A Roma sono concentrati i lavoratori dei ministeri mentre per scuola, sanità e enti locali il personale è legato alla popolazione residente.

La scuola nel complesso concentra il 39,7% sul totale dei dipendenti ma questo è legato al fatto che è il settore con il numero più alto di contratti a termine (477.030, il 74,6% dei 639.620 contratti a termine totali).

Le donne guadagnano mediamente meno degli uomini con 30.262 euro medi a fronte dei 40.157 degli uomini.

Il dato è legato al part time, più frequente tra le donne, e alle qualifiche con gli uomini che fanno più facilmente carriera rispetto alle donne soprattutto nel periodo della vita nel quale le donne sono concentrate anche sulla famiglia.

Sempre secondo l’Inps, il divario retributivo è massimo nella classe di età 40-44 anni, in cui la retribuzione media delle lavoratrici è pari al 69,6% di quella dei lavoratori, e tocca il minimo nella classe 60-64 anni in cui la retribuzione media delle donne è pari all’82% di quella degli uomini. Nel complesso oltre il 60,4% dei lavoratori pubblici ha una retribuzione inferiore ai 35.000 euro annui nel 2022 mentre il 13% presenta retribuzioni medie da 50.000 euro in su. Il 3,91% del totale (144.818 lavoratori) ha buste paga che superano gli 80mila euro.

Alessandro Giuliani

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