Home Pensionamento e previdenza Lavori gravosi, perché l’insegnamento porta il burnout ma è escluso? Nuova commissione...

Lavori gravosi, perché l’insegnamento porta il burnout ma è escluso? Nuova commissione tecnica al ministero del Lavoro

CONDIVIDI

Entro fine gennaio saranno istituite due commissioni tecniche sulla previdenza che si dovranno occupare dei lavori gravosi da un lato, e della spesa pensionistica e assistenziale dall’altro. Lo prevede l’ultima bozza della manovra di fine anno in via di approvazione.

Le commissioni tecniche

Le due commissioni tecniche sulla previdenza saranno presiedute dal ministro del Lavoro e vedranno al tavolo Mef, ministero della salute, Istat, Inail, Inps e dovranno concludere i loro lavori entro la fine del 2020.

La prima commissione dovrà valutare la gravosità dei lavori guardando anche ad età, condizioni dei lavoratori ed esposizione ambientale, al fine di individuare le professionalità che consentono di essere collocati in pensione anticipatamente: vi parteciperanno anche rappresentanti di imprese e sindacati.

La seconda commissione, invece, avrà invece il compito di classificare, e comparare con le esperienze internazionali, la spesa per previdenza e assistenza.

Contano età, condizioni lavoratori, esposizione ambientale

Ma è dalla prima commissione tecnica, quella sulla gravosità dei lavori, che un alto numero di addetti ai lavori nella scuola si aspetta delle risposte: nello specifico, se si guarda ad età, condizioni dei lavoratori ed esposizione ambientale, i tre fattori che verranno considerati dagli esperti per collocare una professione tra quelle usuranti, per gli insegnanti sono tutti e tre fortemente oltre la media (oggi però sono considerati solo i maestri della scuola dell’infanzia).

L’età dei docenti italiani risulta infatti ampiamente più avanti rispetto agli altri paesi moderni, tanto da risultare i più vecchi d’Europa: i nostri insegnanti in due casi su tre anni infatti superato i cinquant’anni.

A questo si aggiunge una condizione di lavoro particolarmente stressante, poiché a diretto contatto quotidiano con classi sempre più numerose e complicate.

E lo stress da lavoro comporta, numeri alla mano, un numero sempre maggiore di casi di usura psicofisica a tutti i livelli d’insegnamento.

Oltre i 60 anni in cattedra è incompatibile

Secondo il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, medico specialista esperto in malattie professionali degli insegnanti, “restare in cattedra oltre i 60 anni, alle condizioni odierne, appare davvero poco compatibile con l’attuale condizione di salute dei docenti”.

In particolare, l’esperto di burnout, sostiene che “con gli insegnanti più anziani d’Europa e con un corpo docente femminile all’83%, prorogare un simile sistema di maestre-nonne equivale a calpestare l’art.28 del negletto DL 81/08 che esige la tutela della salute del lavoratore considerando anche le due fondamentali variabili quali il genere e l’età”, come anche “l’art. 22 del CCNL Scuola”. Peccato che sinora nessuno abbia dato seguito a queste disposizioni normative e contrattuali.

L’esito entro un anno

Quello che c’è da capire, ora, è se effettivamente gli incaricati del ministro del Lavoro, oltre che di Mef, ministero della salute, Istat, Inail, Inps, abbiano finalmente intenzione di tenere conto di queste indicazioni, prevedendo anche per gli insegnanti oltre i sessant’anni delle forme di anticipo pensionistico vere e non più penalizzanti come le attuali (Opzione Donna, Quota 100, ecc.), peraltro anche di non facile accesso, oltre che transitorie.

Entro la fine del 2020 avremo la risposta, ma considerando i precedenti c’è poco da illudersi.