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Lavoro “tossico” e senza orari? Ben 9 docenti su 10 vittime del Job creep. Ma c’è chi dice: faccio il minimo – Esiti SONDAGGIO

Seppure con modalità differenti, quasi 9 insegnanti su 10 si sentono vittime del lavoro “tossico”, che va perennemente oltre gli orari di servizio e le proprie responsabilità previste dal contratto. La percentuale deriva dall’ultimo sondaggio della Tecnica della Scuola, al quale hanno risposto 1.028 i lettori, dei quali il 92,7% insegnanti. Tra questi, il 65,6% dichiara di lavorare quotidianamente più ore del dovuto; il 65,3% lavora anche nei weekend. Eppure, 8 docenti su 10 dicono di non percepire alcuna pressione da parte del loro dirigente scolastico ad essere sempre reperibili. Solo circa un docente su dieci (11,3%), infatti, ha dichiarato: “Non mi sento vittima del Job creep”.

In generale, tra gli insegnanti c’è coscienza sull’invasione degli impegni extra nella propria vita privata: la metà dei lettori che hanno risposto al sondaggi ha anche dichiarato di avere tentato di contrastare questa richiesta di eccessiva disponibilità per difendere il proprio tempo libero. Tre insegnanti su dieci, invece, vorrebbero uscirne, ma non riescono nell’intento.

Le segnalazioni dei docenti

Di quali forme di lavoro tossico si lamentano i docenti? Ecco le loro segnalazioni:

  • In certe fasi lavoro anche molto più del dovuto;
  • ai coordinatori di classe sono stati richiesti compiti non compresi nel ruolo da parte del collaboratore del dirigente o del responsabile di plesso;
  • mi sento vittima di burnout e mobbing;
  • vivo condizioni emotive pessime;
  • subisco discriminazioni e vessazioni;
  • non è necessaria la pressione del Ds, non dormo per il carico di preoccupazioni giornaliere;
  • a volte viene chiesto di fare il coordinatore pur non essendo previsto nel CCNL e questo lavoro non è neanche adeguatamente retribuito col fondo di istituto;
  • a volte sembriamo servi della gleba: stipendio basso, no mobilità, condizioni di lavoro difficili;
  • è un lavoro massacrante di per sé, a contatto con i giovani e giovanissimi, di certo non più quelli di una volta, ma sempre più sconvolti da un mondo che li considera solo come consumatori, a partire dai loro genitori;
  • non vengo costretta a lavorare di più, ma il carico di lavoro è tale che i tempi programmati non sono sufficienti. Non voglio compiacere il ds o altre figure, ma voglio che il mio lavoro sia fatto bene. E ne pago lo scotto a livello psicofisico;
  • quando ero funzione strumentale BES la mia vita era diventata un inferno. Ho lasciato l’incarico perché non reggevo più il ritmo di lavoro che di fatto toglieva moltissimo al mio tempo libero e alla qualità della mia vita. Sono felice di aver fatto questa scelta, superando i sensi di colpa iniziali grazie alla consapevolezza che lavorare serenamente significa garantire una migliore qualità anche ai miei studenti. Ho più volte sollecitato il mio DS ad una più equa distribuzione dei carichi, ma mi sembra che vi sia una tendenza diffusa all’accentramento;
  • le RSU dovrebbero tutelare i docenti.

Chi fa il minimo indispensabile

Ma c’è anche chi, sempre tra gli insegnanti che hanno risposto al sondaggio della Tecnica della Scuola, con estremo candore ammette:

  • Faccio il minimo;
  • svolgo soltanto le mie 18 ore in classe da 19 anni;
  • sono sempre stato spinto alla disponibilità, ma ho sempre rifiutato;
  • ho deciso di non fare altro e non ho ricevuto pressioni.

I positivi

I docenti più positivi vivono le cose meglio:

  • Quando condivido i traguardi non mi pongo troppi problemi di tempo, non è ansia da prestazione ma desiderio di contribuire a una scuola democratica.
  • Correzione compiti/verifiche, preparazione delle stesse, preparazione delle lezioni non mi sono imposte dal DS, ma dalla mia professione docente.

Come contrastare le spinte a fare sempre di più?

Quanto alla possibilità di contrastare le spinte della dirigenza, c’è chi commenta:

  • È praticamente impossibile. Essendo nelle varie chat di classe su whatsapp è facile che ti arrivi una richiesta da parte del coordinatore/collega di qualche classe per completare qualche incarico anche alle ore 21.30 e nei fine settimana. Avere un un numero per il lavoro e uno privato sembra un’utopia, non sempre viene presa bene dato che si sfora abbondantemente l’orario di lavoro…
  • Arrivano continue notizie, richieste, incarichi e/o normative ed è impossibile riuscire a leggere e/o svolgere tutto entro i giorni lavorativi.

Come vanno le cose per il personale Ata?

Le cose vanno un po’ meglio per i collaboratori scolastici, gli impiegati di segreteria e il personale tecnico della scuola. Se è vero che la metà di loro (il 51,6% dei rispondenti) lamenta più ore di lavoro del dovuto, bisogna anche rilevare il fatto che solo il 26,4% lavora anche nei weekend; sebbene il 30% percepisca una pressione da parte della dirigenza a rendersi reperibili. Infine il 18,7% non si sente vittima del Joob creep.

Qualcuno, infine, contesta il fatto che il carico di lavoro in segreteria venga aggravato dalla “presenza di personale amministrativo non adeguato (collaboratori scolastici) che non sa svolgere le mansioni più semplici in ufficio, figurarsi l’utilizzo di segreteria digitale”.

Precisiamo che l’indagine è stata realizzata dalla testata giornalistica “La Tecnica della Scuola” nel periodo che va dal 14 al 17 ottobre 2022. Hanno partecipato 1.028 lettori. Il sondaggio non ha carattere di scientificità: i risultati derivano da conteggi automatici.

Redazione

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