Nella giornata del 22 ottobre, le linee guida sullo smart warking sono state ai sindacati dal ministro Renato Brunetta.
Per capire se, in che misura e in che modo gli indirizzi del Ministro riguarderanno anche la scuola bisognerà leggere con attenzione il documento definitivo, ma certamente dalle prime notizie si può già intuire quali potrebbero essere le regole future.
Intanto è stato chiarito che l’amministrazione pubblica che vuole fare smart working deve comunque garantire “l’invarianza dei servizi resi all’utenza” oltre che “un’adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza”.
In altre parole il “lavoro agile” si dovrà alternarsi con il lavoro in ufficio.
Ma la regola più interessante è un’altra: nell’attività di smart working il dipendente pubblico non potrà usare la propria rete internet domestica per servizio.
“Si deve fornire il lavoratore – si legge nelle linee guida – di idonea dotazione tecnologica. Per accedere alle applicazioni del proprio ente può essere utilizzata esclusivamente la connessione Internet fornita dal datore di lavoro”.
E dovrà anche essere assicurata “l’adozione di appositi strumenti tecnologici idonei a garantire l’assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni trattati durante lo svolgimento del lavoro agile”.
“In nessun caso – aggiungono infine le linee guida – può essere utilizzata un’utenza personale o domestica del dipendente per le ordinarie attività di servizio”.
C’è da chiedersi come verrà applicato nella scuola questo criterio, peraltro legittimo e comprensibile anche per motivi di sicurezza informatica.
Si vuol forse dire che per le riunioni a distanza degli organi collegiali la scuola dovrà dotare il personale della strumentazione del caso?
In linea di principio sarebbe certamente un’ottima cosa, ma abbiamo il dubbio che – nella scuola – mettere in pratica questo criterio potrebbe essere molto complicato.
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