L’emergenza sanitaria determinata dal COVID-19 ha investito ogni settore della vita sociale ed economica del nostro Paese, coinvolgendo nel suo vortice tutte le Istituzioni che ne fanno un Nazione civile e democratica.
La Scuola, tra queste Istituzioni, è uno dei pilastri fondamentali e come tale è stata tutelata dalle misure per la lotta contro il Coronavirus, prese dal governo italiano.
La SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ DIDATTICA in presenza si è resa necessaria, per contenere la diffusione del contagio del virus e tutelare la salute degli alunni e studenti.
Si è voluto garantire il servizio amministrativo delle Istituzioni Scolastiche con il SERVIZIO MINIMO IN PRESENZA e il cosiddetto LAVORO AGILE, per raggiungere l’obiettivo del CONTINGENTE MINIMO e salvaguardare la salute dei dipendenti.
Misura lodevole, ma frettolosa seppure giustificata dallo stato di emergenza sanitaria.
I Dirigenti Scolastici, e con loro i DSGA, si sono visti, da un giorno all’altro, passare da un’organizzazione del lavoro dei Servizi Generali e Amministrativi che prevedeva ancora in via sperimentale l’applicazione della normativa sul Lavoro Agile, ad un’ organizzazione ordinaria della flessibilità oraria e spaziale del lavoro del personale ATA e in condizioni di emergenza.
La Nota n.323 del Miur del 10 marzo 2020 sulle istruzioni operative, a seguito del D.L. n.6/2020 e dei DPCM attuativi, dice tra l’altro: “ Ferma restando la necessità di assicurare il regolare funzionamento dell’istituzione scolastica, nella condizione di sospensione delle attività didattiche in presenza, ciascun Dirigente scolastico concede il lavoro agile al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ove possibile rispetto alle mansioni) delle istituzioni scolastiche ……”.
Aggiunge alla fine: “Solo dopo che il Dirigente scolastico abbia verificato che periodi di ferie non goduti da consumarsi entro il mese di aprile possano sopperire alla mancata prestazione lavorativa, può farsi ricorso alla fattispecie della obbligazione divenuta temporaneamente impossibile (art. 1256, c. 2, c.c.). La norma di cui all’art. 1256, c. 2, c.c. entra in rilievo in tutti i casi in cui la prestazione lavorativa non sia possibile in modalità di lavoro agile, sempre che sia garantito il livello essenziale del servizio.”
Appare chiaro che il Lavoro Agile è concesso dal Dirigente Scolastico a fronte di una richiesta del dipendente e che quest’ultimo non ha un obbligo a richiederlo, anche in questa condizione di emergenza che prevede il lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento del lavoro ( Direttiva 2/2020 del Ministero per la pubblica Amministrazione), tanto meno se lo stesso non risponde ai requisiti previsti e alle condizioni tecniche e di sicurezza,previste per norma, per accedere al lavoro non in presenza.
La Direttiva n.2/2020 ha previsto, in caso di impossibilità di applicazione dello strumento normativo del Lavoro Agile, il ricorso rotazione e il ricorso alle ferie pregresse, alla banca ore e a congedi.
A questo punto si sono presentate due situazione distinte per l’organizzazione del personale ATA:
Infatti la Nota n. 323/ 10 marzo 2020 del Miur è stata interpretata nel senso che l’impossibilità dell’obbligazione, prevista dall’Art.1256 del cc, non possa essere applicata per il personale Amministrativo anche in caso di non richiesta di lavoro agile per mancanza di requisiti o per motivi altri, una volta che ha esaurito le ferie pregresse.
L’Istituto del Lavoro Agile è un passo molto importante e significativo per l’organizzazione del lavoro, soprattutto per l’evoluzione digitale che il mondo del lavoro sta vivendo e per l’esigenza sempre più sentita dai lavoratori di poter conciliare la propria vita con le incombenze del lavoro con risultati efficaci ed efficienti.
L’aver chiesto il ricorso a questo strumento nuovo di organizzazione del lavoro, soprattutto per la Pubblica Amministrazione, in una situazione di emergenza così particolare e senza una profonda consapevolezza dello stesso da parte del lavoratore, fa correre il rischio di aggiungere confusione all’emergenza che purtroppo viviamo.
Giovanni Micillo
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