Durante il convegno online “A scuola si impara dai compagni” organizzato dal Centro Psicopedagogico diretto da Daniele Novara sono stati presentati i risultati di un sondaggio a cui hanno partecipato mille insegnanti delle scuole primarie e secondarie di primo grado. L’indagine mirava a comprendere le percezioni e le pratiche degli insegnanti riguardo al lavoro collaborativo tra gli studenti, con l’obiettivo di fornire un quadro più preciso delle componenti didattiche che influenzano la conduzione della classe e la relazione con gli alunni.
A relazionare sul tema è stata Antonella Gorrino, insegnante, pedagogista e formatrice del Centro.
Uno dei dati più rilevanti emersi dal sondaggio è l’uniformità delle risposte tra i diversi ordini di scuola. Alla domanda “Qual è l’ostacolo principale per far lavorare insieme gli alunni?“, la risposta prevalente è stata “i tempi della scuola, non sempre lo consentono”, con percentuali tra il 75% e l’80%. Questo dato, ha spiegato Antonella Gorrino, sfida il luogo comune che vede la scuola primaria come un contesto più flessibile rispetto alla secondaria.
“Possiamo affermare che ci troviamo di fronte a una ‘secondarizzazione’ della scuola primaria,” ha commentato Gorrino. “La scuola primaria si sta trasformando verso una struttura più rigida e specializzata, simile a quella delle scuole secondarie, con orari meno flessibili e un’accentuazione delle singole materie a scapito delle attività multidisciplinari. Di conseguenza, vengono limitate le opportunità per il mutuo insegnamento, riducendo la capacità degli studenti di lavorare insieme in modo collaborativo e integrato.”
Più della metà degli insegnanti intervistati ritiene che il lavoro di gruppo favorisca principalmente le relazioni interpersonali piuttosto che l’apprendimento. Secondo Gorrino, distinguere tra apprendimento e relazioni è pedagogicamente scorretto, poiché l’apprendimento passa inevitabilmente attraverso le interazioni sociali.
“Quando si lavora in gruppo, gli studenti non solo apprendono i contenuti, ma anche come interagire, collaborare e risolvere conflitti con gli altri,” ha spiegato Gorrino. “Questo metodo valorizza le dinamiche sociali come parte integrante del processo educativo.”
Alla domanda “Cosa accade didatticamente quando gli alunni lavorano assieme?“, le risposte degli insegnanti si sono divise equamente: metà ha affermato che gli alunni imparano qualcosa di nuovo, mentre l’altra metà si è concentrata su aspetti relazionali, spesso sottolineando l’importanza del contributo individuale.
La tendenza a valorizzare il contributo individuale emerge anche nelle pratiche di valutazione: il 65% degli insegnanti valuta individualmente il lavoro di gruppo, mentre solo il 30% fornisce una valutazione collettiva, e il 5% non valuta affatto.
“Dare una valutazione singola a un lavoro di gruppo significa snaturare l’essenza del lavoro collaborativo,” ha affermato Gorrino “oppure si rischia di svalorizzarlo se non lo si valuta affatto.”
Un altro aspetto emerso è la discrepanza tra le percezioni degli insegnanti riguardo alle proprie pratiche e quelle dei colleghi: il 67,5% degli insegnanti dichiara di far lavorare spesso gli alunni insieme, ma solo il 33% crede che i colleghi facciano lo stesso.
“Questa disconnessione potrebbe derivare da una mancanza di osservazione diretta, pregiudizi inconsci o differenti standard su cosa significhi ‘far lavorare spesso gli alunni insieme’,” ha concluso Gorrino “È cruciale promuovere un ambiente in cui il lavoro di gruppo sia riconosciuto come una risorsa fondamentale per l’apprendimento e lo sviluppo degli studenti, con l’insegnante nel ruolo di facilitatore e non solo di valutatore.”
Gli interventi di Antonella Gorrino e di altri relatori al Convegno hanno evidenziato la necessità di valorizzare le pratiche del mutuo insegnamento nelle scuole italiane.
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