Categorie: Attualità

Lavoro, è boom di under 35 che avviano imprese: 300 al giorno, tante al Sud

La crisi non sembra scoraggiare la vitalità giovanile in campo lavorativo: tra aprile e giugno, le imprese avviate da giovani con meno di 35 anni sono state 32mila, in media 300 al giorno.

Il dato è contenuto nel rapporto sull’imprenditoria giovanile di Movimprese, l’indagine trimestrale condotta da Unioncamere-Infocamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio: l’incremento è pari ad un terzo di tutte le aperture di nuove imprese nel trimestre, al netto delle chiusure rilevate nello stesso periodo (circa 11mila).

L’esercito delle imprese giovanili nel secondo trimestre dell’anno si è dunque arricchito di oltre 20mila unità, arrivando a sfiorare il valore di 600mila aziende, evidenzia il rapporto. In termini assoluti il contributo che i giovani hanno dato alla crescita della base imprenditoriale, tra aprile e giugno, è stato del 54% (a tanto ammonta la quota di imprese “under 35” rispetto al saldo trimestrale complessivo).

Che la risposta dell’impresa alla ricerca di un lavoro sia tra le principali motivazioni di questa crescita, è confermato dalla prevalenza di micro-iniziative (nel 76% dei casi le neo-imprese giovanili nascono nella forma di impresa individuale) e dalla quota con sede al Sud: le nuove iniziative dei giovani meridionali rappresentano infatti il 40,6% del totale delle nuove imprese in quell’area del paese, con punte superiori o vicine a questa quota in Calabria, Campania e Sicilia, spiega il rapporto. In valore assoluto, i settori in cui i giovani hanno scelto di puntare sono stati il commercio (oltre 6.500 le imprese in più nel trimestre), i servizi di alloggio e ristorazione (+2.800) e le costruzioni (+2.300).(ANSA).

Intanto, dopo una partenza in sordina, prende corpo l’uso del voucher, il ‘buono lavoro’: secondo un’indagine del Centro Studi Cna su dati Inps, è aumentato a ritmo costante fino al boom degli ultimi tre anni, quando si è quasi triplicato facendo toccare, nel solo 2014, la cifra-record di quasi 70 milioni di buoni venduti (69.195.377). Nel 2008 erano solo 535mila e 985.

Un numero di voucher, e quindi di ore lavorate, che equivale grossomodo a circa 33mila posti a tempo pieno. In sei anni il numero di voucher è aumentato di 129 volte.

Nati con la Riforma Biagi nel 2003, i ‘buoni lavoro’ possono essere acquistati da cittadini privati e imprenditori dal tabaccaio o per via telematica sul portale Inps. Dopo un lungo rodaggio, hanno avuto due importanti messe a punto: nel 2012 e con il Jobs Act di Matteo Renzi a giugno scorso. Il voucher è uno strumento nato per assicurare ai privati la possibilità di ‘comprare’ un aiuto per i piccoli lavori e consentire alle imprese una flessibilità, quasi in tempo reale, utile a tappare improvvisi ‘buchi’ organizzativi o a rispondere prontamente a picchi di attività, in totale trasparenza fiscale, previdenziale, assicurativa. In pratica, l’antitesi del lavoro nero.

 

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Tra il 2008 e il 2014 – il periodo preso in esame dall’indagine Cna – è parecchio mutato il profilo dei “prestatori” via voucher, per età e per genere. Nel 2008 quattro su cinque erano maschi, età media 61 anni, quasi certamente pensionati. Appena più giovani le donne (56 anni e mezzo). Nel 2014 l’età media si è abbattuta e nel mercato dei voucher sono entrati i giovani e soprattutto le donne. L’anno scorso le lavoratrici hanno sorpassato gli uomini arrivando a quasi il 52%del totale. Il commercio, con il 18,2% dei buoni acquistati, è il settore che più li utilizza. A seguire i servizi (14%), il turismo (12,3%) le manifestazioni sportive (9,1%), il giardinaggio e le pulizie (7,6%), le attività agricole (7,3%), i lavori domestici, fermi però al 2,6%). Più uno stock del 28% di “altre attività”. Nei sei anni, a giovarsene di più è stata la Lombardia (26,5 milioni di “buoni lavoro”), seguita da Veneto (23,2 milioni), Emilia-Romagna (19,8 milioni), Piemonte (15 milioni) e Friuli-Venezia Giulia (11 milioni).

Per la Confederazione nazionale delle imprese artigiane, i voucher ”costituiscono uno strumento utile a far emergere dal nero lavori saltuari o secondi impieghi riducendo il ricorso a lavoretti illegali. E ancora, Il ‘buono lavoro’ è molto importante perché offre ai giovani l’opportunità di un’esperienza lavorativa, sia pure di breve durata. La Cna punta il dito invece sulla ”assenza di un sistema di collegamento tra domanda e offerta di lavoro che costituisce il maggiore ostacolo all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. I Centri per l’impiego sono poco strutturati, a parte in alcune realtà dell’Italia settentrionale, e anche le agenzie private non riescono a facilitare adeguatamente l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

Tanto che il principale canale di ricerca di occupazione rimane l’intermediazione informale: amici, parenti e conoscenti.

 

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Alessandro Giuliani

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