Gite scolastiche: croce e delizia degli insegnanti. L’episodio recente del pullman incendiato dall’autista italiano d’origine senegalese — che per un miracolo non ha arsi vivi 51 tredicenni di Crema e i loro insegnanti — non può non costringere qualsiasi adulto (specie se docente) a interrogarsi sull’opportunità delle gite scolastiche oggi.
“D’istruzione” o “distruzione”?
“Viaggi-distruzione”, le ha chiamate qualcuno: le gite scolastiche sono ormai quasi un rituale, che comporta enormi dispendi di energie alle scuole e grava di gigantesche responsabilità le spalle dei docenti. I quali però continuano a sobbarcarsi quest’ulteriore impegno, un po’ per amore dei ragazzi, un po’ per inspiegabile senso di colpa — frutto di trentennali campagne mediatiche contro la categoria — un po’ per rendersi utili, un po’ per misconoscenza dei rischi effettivi.
La religione della gita ai tempi della scuola-azienda
C’è da chiedersi se questo rituale abbia ancora senso: anche perché sempre più spesso i ragazzi viaggiano (anche più dei loro squattrinati docenti), da soli o coi propri genitori, e sempre più verso mete lontane; pertanto il viaggio “d’istruzione” non è per loro l’unica occasione per visitare luoghi culturalmente validi.
Inoltre spesso gli adolescenti si comportano in modo pericoloso, senza coscienza del rischio: chi per irresponsabilità, chi per mancanza di misura, chi infine per il puro gusto di violare limiti e regole (se non per condividere poi i video delle proprie spacconate sui social media!). Qualora però capiti una disgrazia, il docente è seriamente nei guai. Anche perché non è raro il caso di genitori pronti a giustificare i pargoli, abdicando al proprio ruolo di educatori: quando invece sarebbe molto più proficuo per l’incolumità dei loro figli sanzionare comportamenti pericolosi.
Credere, obbedire, viaggiare
Per di più i docenti incontrano a volte Dirigenti pronti ad attenersi in modo letterale a norme e regole in perfetto stile aziendale, ma dimentichi di subordinare l’effettuazione delle gite all’effettiva sicurezza: spesso gruppi enormi di studenti sono accompagnati da pochi insegnanti. Invece sarebbe buona norma affidare a ogni docente non più di 15 studenti: lo prevedeva il punto 8.2 della C.M. n. 291/92, e sarebbe bene che ogni Collegio dei Docenti deliberasse questo limite in sede di programmazione dell’azione educativa (art. 7, D.lgs. n. 297/1994). Se gli alunni sono più di 15, i docenti devono essere due (tre se i ragazzi sono più di 30, e così via). Ma tale regola troppo spesso non è tenuta nel debito conto, perché i docenti servono alle scuole-azienda per rimpiazzare i colleghi in viaggio, e il personale scarseggia. Le nozze, però, vanno celebrate comunque, anche a costo di accontentarsi dei soliti, italianissimi fichi secchi. The show must go on. È l’aziendalismo, bellezza. Meno gite, meno iscritti. Quindi credere, obbedire, e fare viaggi!
Lavoro e responsabilità h24. Non retribuiti
E così i pochi docenti accompagnatori devono mantenersi vigili persino durante la notte. Anche perché, in caso di sorte avversa, l’autorità giudiziaria non esita a condannare i docenti per mancanza di sorveglianza dei minori nelle ore notturne. E tutto ciò per nessun compenso, nessun rimborso, nessun riconoscimento del tempo lavorativo in più, del rischio, della professionalità (di docenti ridotti a sorvegliare ragazzi spesso ineducati, scatenati e irresponsabili, viziati e protetti dai propri genitori).
Solo in rari casi, infatti, i contratti d’istituto prevedono l’accantonamento di esigue somme del fondo d’istituto per il “rimborso” — del tutto simbolico — dei docenti accompagnatori. Eppure — come La Tecnica della Scuola ha già documentato — il Decreto Ministero Affari Esteri 23 marzo 2011 disciplina con precisione il rimborso di trasporti e vitto nei viaggi del personale all’estero. I docenti sono personale di serie B? Il rischio non va forse retribuito più ancora del lavoro?
E controllate pure l’autista!
Come già spiegato in altri nostri articoli, la Nota MIUR 03.02.2016, prot. N. 674 impone invece ai docenti accompagnatori la responsabilità di verificare che l’autista non si droghi né beva; che non superi le velocità consentite; che non guidi troppo a lungo; che fruisca di pause di riposo a norma di legge. Inoltre essi devono controllare ”usura pneumatici, efficienza dei dispositivi visivi, illuminazione, retrovisori”, nonché le condizioni di strada e traffico, l’uso delle cinture da parte degli studenti, ed ogni aspetto tecnico relativo alla sicurezza del viaggio. Quale altra categoria di professionisti accetterebbe un cappio simile per zero lire?
Ma quando studiano i pargoli?
C’è poi un altro aspetto: i viaggi d’istruzione (insieme ad alternanza scuola-lavoro, occupazioni, manifestazioni, autogestioni, progetti, conferenze, prove Invalsi, “olimpiadi” di matematica greco latino italiano filosofia storia geografia fisica chimica biologia e via gareggiando) contribuiscono a diminuire — a sminuire — sempre più il tempo scuola, la concentrazione, la serietà dell’istituzione scolastica: e quindi il diritto allo studio.
Ne vale davvero la pena?