Strano, ma vero: quasi nove italiani su dieci si dicono soddisfatti del proprio lavoro: il 20% molto e il 67,8% abbastanza; mentre l’11% esprime poca soddisfazione e l’1,7% totale insoddisfazione. Sono alcuni dei dati emersi dalla terza indagine Isfol sulla Qualità del Lavoro in Italia, presentati nei giorni scorsi, durante il convegno “La qualità del lavoro. Evidenze nazionali e sovrannazionali”, organizzato dall’Isfol in collaborazione con Eurofound.
Secondi i ricercatori, l’elevato consenso per il lavoro svolto troverebbe origine nel fatto che “in un periodo di crisi occupazionale aver trovato un lavoro è già di per sé motivo di soddisfazione. Non è un caso, infatti, che i segmenti della popolazione con più bassa probabilità di trovare un’occupazione (giovani e donne) manifestino più elevate quote di soddisfazione. Percentuali ridotte di soddisfazione si rilevano per quel che riguarda le prospettive di miglioramento di carriera (58%) e la retribuzione o il reddito da lavoro autonomo (54,2%)”.
L’indagine ha anche mostrato come il livello di insoddisfazione raddoppi per chi ha paura di perdere il lavoro entro 12 mesi. Si tratta del 19,2% degli occupati italiani, di cui circa 1 su 4 è insoddisfatto (contro il 12,6% del totale dei lavoratori). Tra coloro che manifestano un’elevata percezione del rischio di perdere il lavoro vi sono i lavoratori atipici: i dipendenti a termine e, ancor più, i collaboratori, presentano un valore dell’indicatore pari, rispettivamente al 52,9% e al 60,2%. Il rischio percepito di perdere il lavoro è anche correlato negativamente con la retribuzione: circa 3 occupati su 10 che hanno una retribuzione inferiore a 1.000 esprimono preoccupazioni sulla stabilità lavorativa; per i colleghi con retribuzioni più cospicue, la percezione di insicurezza lavorativa decresce sensibilmente attestandosi intorno all’11% per coloro che guadagnano tra i 1.750 euro e i 2.250 euro al mese.
La qualità del lavoro è influenzata anche dai tempi di lavoro. L’Isfol segnala che il 20% degli occupati dichiara di avere delle difficoltà a trovare un equilibrio tra vita lavorativa ed extra lavorativa. Tra coloro che hanno difficoltà vi è una prevalenza della componente maschile (circa 68%). La componente del resto per cui, per motivi tipicamente culturali, va più facilmente “stretto” un lavoro che li tiene evidentemente lontani dai loro interessi prioritari per troppe ore al giorno.