Fiducia nell’innovazione, non hanno paura di essere sostituiti dalle macchine, sono propensi a lavorare in squadra in ambienti smart.
Questo è il quadro che esce da una indagine condotta da Agenda Digitale, dove le parole chiave dei giovani intervistati sembra essere flessibilità, condivisione e collaborazione.
Gli intervistati, studiosi di materie STEM, sono stati scelti fra i partecipanti a Campus Party 2018, l’evento itinerante che raccoglie giovani di tutto il mondo per “costruire il Codice sorgente del mondo del futuro” che ha fatto tappa in Italia nello scorso mese di luglio.
L’Industria 4.0 viene percepita come una importante occasione di digitalizzazione del nostro Paese e di sviluppo del futuro del mondo del lavoro, ma anche come opportunità di modificare i processi nel mondo del lavoro. Spazio all’innovazione come ha indicato Davide, ingegnere meccanico, 26 anni, il quale ritiene che” il mondo del lavoro del futuro dipende da tanti fattori”.
E può avere impatti importanti sulle organizzazioni come ha sottolineato Sara, infermiera di 22 anni, secondo la quale infatti la digitalizzazione può portare efficienze in quanto ad esempio “in ospedale le consegne, ovvero il cambio di turno fra diverse equipe o persone, diventeranno più veloci ed efficaci”.
Per Alessandro, 30 anni, “la chiave del lavoro del futuro è la condivisione. Il mondo consente connessioni a chilometri di distanza, di conoscere continuamente persone”.
La maggior parte degli intervistati sono convinti che la nuova rivoluzione industriale non faccia perdere posti di lavoro ma anzi debba esser vissuta come una possibilità in quanto “molte delle professioni attuali verranno a mancare, proprio nell’industria 4,0, ma anche nel digitale in generale, i lavori subiscono trasformazioni o spariscono» ma in diversi casi nascono nuove professioni che sono proprio i giovani a svolgere.
Ma un dato fondamentale che i giovani sanno di dover affrontare è che molti di loro non faranno un solo lavoro nella vita: dovranno infatti avere specializzazioni che consenta loro di variare.
Si sceglie un ambito professionale, non un lavoro, e in quell’ambito bisogna crearsi diverse specializzazioni in grado di variare il posto di lavoro.
Preoccupa, a volte, la necessità di formazione continua come sottolinea silvia di 30 anni che teme come “il mondo cambi troppo velocemente. La nostra generazione deve imparare tanto, aggiornando già oggi le competenze professionali appena acquisite. Io sento proprio l’esigenza di fermarmi per imparare dei passaggi che mi mancano”.
Carmine, 30 anni, rimarca infatti: “per il lavoro del futuro ci manca tanta formazione, e non parlo solo del sistema scolastico. Pensando proprio al 4.0, c’è un gap fra il livello delle tecnologie e il loro utilizzo, ad esempio in agricoltura, o nell’artigianato italiano”.
Un piano formativo che deve puntare a far acquisire alle persone la conoscenza delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0, ovvero tutte quelle tecnologie applicate negli ambiti divisi in tre categorie: “vendita e marketing”, “informatica” e “tecniche e tecnologie di produzione”.
Le competenze digitali da sviluppare devono essere inerenti, inoltre, alla produzione manifatturiera come prototipazione rapida, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina e per le aziende non manifatturiere, le competenze dovranno essere sviluppate in ambiti come: big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, cyber security e integrazione digitale dei processi aziendali.
Per un’analisi puntuale dell’esigenza formativa occorre analizzare quali saranno le professioni del futuro la maggior parte delle quali 10 anni fa non esistevano.
Tutto questo deve portare ad una importante riflessione perché l’occupazione crescerà nei Paesi che hanno investito e investiranno nella formazione sulle competenze digitali, al contrario si contrarrà laddove non le hanno acquisite in maniera adeguata ad affrontare le evoluzioni del tessuto economico e produttivo.
In Italia ci sono diverse lacune da colmare in questo senso: solo il 29% della forza lavoro possiede, infatti, elevate competenze digitali, a fronte di una media europea del 37%.
Un Gap che rischia di allargarsi vista la bassa percentuale di partecipazione dei lavoratori ai corsi di formazione (8,3% rispetto alla media UE del 10,8%).
In questo quadro non roseo, il Piano Industria 4.0 è un importante scossa ed opportunità, rispetto a quello che è il paradosso italiano sulla formazione, in cui i giovani smettono troppo presto di studiare e iniziano troppo tardi a lavorare.
Invece è ormai tempo di pensare al concetto di “formazione continua”: dalla scuola al mondo del lavoro, senza interruzioni di sorta.
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