Ma il Governo composto da Movimento 5 Stelle e Lega non doveva favorire l’occupazione? Non doveva contribuire a ridurre il gap che anche sul numero di lavoratori continua ad allargarsi tra il Nord e il Sud? A sperarlo erano in molti. Più di un dubbio è arrivato, però, sul modo per raggiungere lo scopo. Soprattutto dopo avere ascoltato, qualche giorno fa, le parole del viceministro leghista all’Economia Massimo Garavaglia a Montemarcello, in provincia di La Spezia.
Perché nel corso della rassegna ‘Liguria D’Autore’, a margine di un incontro dedicato al tema ‘Nord chiama Sud’ con i governatori Giovanni Toti, Attilio Fontana e Stefano Bonaccini, il rappresentante del governo ha tenuto a ricordare che “i Comuni del Sud Italia tipicamente hanno il doppio dei dipendenti rispetto un Comune del Nord, a volte anche di più”. E quindi, per migliorare servizi e occupazioni nel Meridione, bisognerebbe tagliare quei posti da “statale”.
Ecco il ragionamento: “se un Comune evita di avere dieci persone – ha sottolineato il viceministro – si troverebbe ad avere in cassa in dieci anni tre milioni e mezzo di euro, con cui potrebbe rifare una scuola, tutta la rete idrica e le asfaltature, avanza ancora qualcosa, dando lavoro a molte di più di dieci persone“.
Il leghista, quindi, definisce “un errore storico” quello di chi ritiene che ridurre i dipendenti pubblici al Sud aumenterebbe la disoccupazione.
La presa di posizione non sembra una buona notizia nemmeno per i dipendenti del Sud della scuola (secondo alcune recenti statistiche pari all’80% del totale), che speravano in un incremento di cattedre e posti. Magari svincolato dai rigidi parametri legati al numero di richieste di iscrizione da parte degli alunni.
Del resto, lo stesso contingente di oltre 57mila assunzioni di insegnanti, pubblicato solo qualche giorno fa, rimane legato alle logiche tradizionali, con il numero di immessi in ruolo al Nord spaventosamente più alto rispetto a quello previsto per Isole e Meridione.
E anche la decisione leghista di regionalizzare i concorsi, introducendo una sorta di domicilio professionale, obbligando il vincitore di bando a permanere nelle regioni di immissione in ruolo per alcuni anni, senza possibilità di deroga se non in casi eccezionali, sembrerebbe rientrare in questa filosofia: quella di non ingolfare il Sud di dipendenti pubblici, oltre le necessità.
Anzi, per la Lega i servizi pubblici si possono finanziareì riducendo i lavoratori dello Stato. Non vogliamo entrare nel merito della posizione leghista, del resto anche coerente con l’identità del partito.
C’è però un’incongruenza con le posizioni dei colleghi di maggioranza del Movimento 5 Stelle, che invece per definizione tendono la mano alle regioni dall’Abruzzo in giù. E che mai hanno detto di volere tagliare i dipendenti statali del Sud, perchè troppi in percentuale rispetto a quelli del Nord.
Nello stesso “contratto di Governo”, sottoscritto da M5S e Lega, si parla di “tutela dei livelli occupazionali” del Meridione e di “di colmare il gap tra Nord e Sud”.
Forse, sarebbe stato utile specificare che per raggiungere questo nobile obiettivo, bisognava ridurre il numero dei dipendenti dei Comuni.
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