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Lavoro, si perdono 40mila posti al mese

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L’emorragia di licenziati non si arresta: l’Italia dall’inizio dell’anno sta “perdendo 40mila posti di lavoro al mese”. E c’è da crederci, perché a dare conto dell’emergenza occupazionale che il Paese sta vivendo è il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell’Aringa. Un alto rappresentante del Governo che non avrebbe alcun motivo di rendere pubblici distanti dalla realtà.
Secondo Dell’Aringa l’emergenza va subito fronteggiata: se “fino a 3-4 mesi fa l’occupazione aveva relativamente tenuto perché gli ammortizzatori hanno funzionato”, oggi la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. La priorità del governo è combattere la disoccupazione giovanile (ormai oltre il 38%) e creare posti di lavoro.
A tal fine, il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, continua a lavorare al piano (che entro giugno sarà pronto) e il 22 maggio partirà il confronto con le parti sociali, mentre il giorno prima ha incontrato i vertici dell’Abi, con il presidente Antonio Patuelli che ha ricordato la necessità di migliorare la flessibilità in entrata, attraverso modifiche ai contratti a termine ed all’apprendistato.
Sul tavolo una serie di punti: dai contratti a termine al cuneo fiscale (“ridurlo è la strada maestra” per aumentare l’occupazione, dice Dell’Aringa) fino alle pensioni (con una fascia di flessibilità per anticipare l’uscita dal lavoro di 3-4 anni in cambio di penalizzazioni da definire e la staffetta generazionale), su cui approntare le specifiche politiche.
I temi e le esigenze sono tante ma “la coperta è corta”, come evidenzia il sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta. E dunque si procederà mettendo a punto un’agenda delle priorità.
A partire dai giovani, appunto, e dalle misure a costo zero come la riduzione dell’intervallo tra un contratto a termine e l’altro, abbattendo gli attuali 60-90 giorni previsti dalla riforma Fornero (si potrebbe arrivare alla soglia 20-30 giorni) per i contratti la cui durata sia pari o superiore a 6 mesi. Il punto da cui non si può prescindere è però quello delle risorse. E su questo una mano certamente potrebbe arrivare dall’Ue e dalla possibilità di escludere o comunque riconoscere margini di manovra per le spese destinate all’occupazione (giovanile in primis) dai parametri di bilancio, magari per un periodo determinato. Per poter così investire “risorse adeguate nelle politiche attive del lavoro, nella riduzione delle tasse sul lavoro e nella creazione di nuovi posti per i giovani”, come affermato dal premier Enrico Letta. Le decisioni europee saranno così “la cornice” delle misure nazionali sul lavoro che il ministro Giovannini sta mettendo a punto.
Se ne parlerà sicuramente nell’incontro del 22 maggio pomeriggio al ministero del Lavoro con i sindacati e le imprese, “monitoraggio del mercato del lavoro e politiche per l’occupazione giovanile”. Ma oltre alla disoccupazione giovanile “bisognerebbe affrontare anche il problema della disoccupazione tra gli over-50”, aggiunge il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella. Servono “interventi urgenti perché i dati della disoccupazione, soprattutto giovanile e delle donne, sono molto scoraggianti”, chiede il numero uno della Cgil, Susanna Camusso. Dal governo “ci aspettiamo un segno di coraggio”, dice il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. Mentre il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, torna anche sulla questione delle risorse per la cassa integrazione in deroga sostenendo che sono “del tutto insufficienti”, oltre al fatto che il rifinanziamento per un miliardo di euro deciso dal governo la scorsa settimana è “per metà autofinanziato” dai lavoratori stessi (tra fondi per la produttività e la formazione professionale).