Non trova soluzione il problema della mancanza del direttore dell’Ufficio scolastico regionale di Lazio, Lombardia, Sicilia e Liguria: dopo il decadimento delle nomine di fine gestione degli ex ministri Marco Bussetti e Lorenzo Fioramonti, per decisione della Corte dei Conti, a rallentare le nuove nomine ci si è messo lo “spacchettamento” del Miur, il quale comporta la ridefinizione di dipartimenti, uffici e ambiti ministeriali.
Il presidio a Roma
I sindacati, dopo le denunce delle scorse settimane, hanno deciso di uscire allo scoperto, con le loro “armi”. I primi a muoversi sono stati quelli del Lazio: dopo la lettera inviata il 30 gennaio al Prefetto, e per conoscenza alla ministra Lucia Azzolina e agli ATP del Lazio, hanno comunicato la ripresa dello stato di agitazione del personale della scuola pubbliche delle province del Lazio.
Venerdì 7 febbraio hanno organizzato un presidio sotto la Prefettura a Piazza del Santi Apostoli a Roma, e anche una conferenza stampa, alla presenza dei segretari regionali scuola di Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda.
L’intervento della Corte dei Conti
“È dal mese di agosto che le organizzazioni sindacali denunciano l’assenza del Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, dopo il pensionamento del precedente titolare – hanno spiegato – questa situazione ha provocato una grave situazione di disagio, aggravatasi anche dall’annullamento per vizi procedurali, da parte della Corte dei Conti, della nomina effettuata dal ministro per l’Istruzione pro tempore, Marco Bussetti, che aveva individuato in un dirigente ministeriale il nuovo responsabile. La situazione sembrava risolversi con l’ex ministro Fioramonti che aveva individuato nuovamente il responsabile dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio, ma purtroppo, le dimissioni, prima di Natale, dell’ex Ministro Fioramonti, hanno visto precipitare nuovamente la situazione, mentre il decreto di nomina era già in approvazione alla Corte dei Conti”.
“Ad oggi, con l’insediamento di due nuovi ministri, non si hanno notizie in merito alla nomina. La situazione con l’inizio dell’anno scolastico 2019/20 si è andata via via aggravando, vedendo l’ufficio adottare in maniera unilaterale atti di gestione del personale senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali che hanno più volte hanno richiesto l’attivazione del confronto con l’Amministrazione non trovando nessun riscontro nella controparte”.
Le ragioni della protesta
I sindacalisti – Tatarella, De Sanctis, Pantuso, Inzirillo e Guida – hanno chiesto anche risposta sulla procedura relativa all’internalizzazione anche nel Lazio di 1.728 dei lavoratori ex Lsu impegnati nelle pulizie delle scuole, che a livello nazionale, come confermato dalla ministra dell’Istruzione nel question time di un paio di giorni fa, prevede l’assunzione di 12 mila unità.
I sindacalisti rivendicano anche l’avvio di un confronto in merito alle competenze delle segreterie scolastiche in relazione alle procedure riguardanti le operazioni pensionistiche e il controllo rispetto alle ricostruzioni della posizione previdenziale.
Sono inoltre preoccupati per la imminente informativa sugli organici docenti e Ata per l’avvio del prossimo anno scolastico.
Le conseguenze sul personale
Una condizione, l’assenza del direttore dell’Usr, che, se protratta, avrà infine inevitabili influenze negative pure sull’organizzazione dei concorsi pubblici, due per la secondaria (ordinario e riservato) ed uno per il primo ciclo (solo ordinario), la cui pubblicazione dei bandi dovrebbe realizzarsi nelle prossime settimane. Con le assunzioni derivanti dalla selezione riservata che, ha promesso la ministra Lucia Azzolina, dovrebbero compiersi con l’avvio del prossimo anno scolastico. E un discorso analogo che vale anche per le nuove abilitazioni e i Tfa sostegno, ma anche la gestione di altre figure professionali, come i Dsga, gli Ata e gli stessi dirigenti scolastici, i quali dipendono proprio dal direttore dell’Usr di competenza.
Si tratta di procedure che, indubbiamente, proprio senza il direttore dell’Ufficio scolastico regionale diventerebbero macchinose, ma soprattutto prive di condivisione con i rappresentanti dei lavoratori. Rischiando, così, di tradursi in un pericoloso atto unilaterale.