L’analisi costi-benefici nasce dall’esigenza dell’operatore pubblico di valutare in termini di benessere sociale l’opportunità e la redditività di scelte connesse con la distribuzione di risorse scarse tra usi alternativi.
Poiché la destinazione di una risorsa a un uso determinato la sottrae agli altri possibili, è necessario utilizzare una tecnica di valutazione degli interventi che permetta di massimizzare i benefici che se ne possono trarre.
Preferire di destinare le risorse per valorizzare la professionalità del personale Ata, vuol dire rinunciare a tutti quei benefici che deriverebbero da utilizzi alternativi della medesima risorsa.
Le posizioni economiche Ata sono il frutto di accordi tra Miur e Sindacati la cui attivazione ha richiesto l’utilizzazione di fondi pubblici.
È stato bandito un concorso a livello nazionale, che ha coinvolto le sedi delle scuole polo di tutte le Provincie per la somministrazione delle prove e il personale necessario per l’espletamento delle stesse.
Sono stati poi attivati percorsi formativi e il personale è stato impegnato con numerosi incontri frontali in aula e, utilizzando piattaforme di studio on-line, formato a distanza (FAD).
Il progetto prevede la valorizzazione del personale, attraverso l’acquisizione di una maggiore professionalità nello svolgimento delle prestazioni lavorative accessorie previste dal contratto e questi sono i benefici di cui si avvalgono le Scuole e quindi il complesso sistema dell’istruzione scolastica.
Il personale avendo terminato l’iter formativo è stato utilizzato dalle scuole per svolgere le attività connesse con il percorso formativo svolto, e non poteva essere diversamente. Anche le scuole si trovano nella condizione di dover utilizzare in modo ottimale “le riscorse scarse”, in questo caso si tratta di risorse umane formate per assumere incarichi particolarmente qualificati.
Perché le scuole non avrebbero dovuto utilizzarle, visto che comunque il Miur ha sostenuto un costo per ottenere questa valorizzazione professionale?
Tuttavia a fronte dell’impegno profuso dai 5200 lavoratori non hanno ancora ricevuto alcun emolumento; le scuole non potevano pagare il compenso dovuto, perché le risorse ricevute dal Miur, nei diversi anni scolastici ,erano destinate agli altri lavoratori che non erano titolari di posizioni economiche. Le posizioni economiche dovevano essere pagate dal Miur con accredito diretto del beneficio economico sul cedolino, il Miur a tutt’oggi non ha corrisposto quanto dovuto.
Un paradosso per i 5200 dipendenti il superamento del concorso li ha portati a una diminuzione netta dello stipendio rispetto agli anni precedenti! Una discriminazione intollerabile!
Non è possibile, né dal punto di vista giuridico, né da quello umano, avvalersi del beneficio di una maggiore e più qualificAta prestazione lavorativa senza sopportarne il relativo costo.
Le posizioni economiche devono essere pagate anche perché il nostro ordinamento giuridico si basa su un principio in base al quale i lavoratori devono essere pagati: cioè ad una prestazione deve necessariamente corrispondere il pagamento per la stessa (controprestazione); questo principio non può essere derogato né dalla contrattazione collettiva né dalle parti.
Nessun Giudice del lavoro disconoscerà il diritto soggettivo del lavoratore a essere pagato per le prestazioni svolte.
Occorre altresì tener conto del costo “ombra”, derivante dalla discriminazione e dallo stress cui sono stati sottoposti i lavoratori in questi anni. Sono stati così fortemente penalizzati a causa di un’interpretazione estensiva della legge che prevedeva il blocco degli aumenti salariali, ma sicuramente non avrebbe potuto prevedere la giusta remunerazione dei lavoratori a fronte di prestazioni lavorative svolte. Anche perché una previsione legislativa del genere sarebbe stAta incostituzionale.
Infatti, nella Costituzione della Repubblica Italiana, l’articolo 36 contiene il principio per cui il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionAta alla quantità e qualità del suo lavoro.
Vi è un’altra questione da quantificare che rappresenta anch’essa un costo “ombra”: la lesione del rapporto di fiducia tra Istituzioni e lavoratori, rapporto che si è incrinato a causa dell’inammissibile cambiamento delle “regole” in corso d’opera.
Chi reintegrerà, in caso di mancato pagamento da parte del Miur, il costo di tutte le attività formative attuate, il costo di spese legali e giudiziarie del nuovo contenzioso che andrà necessariamente ad attivarsi?
Intanto, il Miur, per fornire i dati al MEF, ha richiesto, l’ennesima rilevazione agli Uffici Scolastici Regionali, nella rilevazione deve essere indicato il numero complessivo dei lavoratori cui è stato fatto il decreto di attribuzione delle Posizioni Economiche.
Non vorranno, ancora una volta, tentare di pagare solo alcuni a danno di altri? Non è possibile! Lo dice la Costituzione della Repubblica Italiana.
Non è possibile non pagare, per i criteri d’imparzialità, efficacia, efficienza, legittimità, legalità e buona azione della Pubblica Amministrazione.
È necessario pagare i 5200 Ata per rispettare l’accordo ARAN-SINDACATI dell’8 luglio 2014.
È opportuno liquidare i compensi dovuti agli Ata titolari di Posizioni Economiche anche in base ad una corretta analisi costi-benefici, altrimenti non avrebbe avuto senso spendere i soldi dello Stato per le procedure di concorso e per formare 17.000 lavoratori!
È per le motivazioni enunciate che chiediamo il pagamento immediato delle prestazioni lavorative accessorie a tutti i 5200 lavoratori Ata e la riattivazione del beneficio economico dal primo gennaio 2015.
Lo chiediamo perché occorre porre urgentemente rimedio a questa serie continua di errori, fatti da una burocrazia che blocca tutto, la questione non può trovare soluzioni nelle aule dei tribunali, lo richiedono il buonsenso e i lavoratori che non sono disponibili a tollerare oltre le ingiustizie subite. Nella riunione Miur-Sindacati del 2 febbraio confidiamo che possa prevalere da parte di tutti un atteggiamento pragmatico, rivolto alla soluzione definitiva di quest’annosa vicenda.
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