Le Accademie di Belle Arti e i Conservatori di Musica, considerati all’estero delle vere e proprie eccellenze italiane, da sedici anni, dopo l’approvazione della legge 508 del 1999 che teoricamente prevedeva la messa a regime in senso universitario del sistema paradossalmente sono bloccati dall’inefficienza burocratica e dal disinteresse politico.
Lo denuncia Tempi.it. Da più di dieci anni le Accademie rilasciano titoli di studio che la legge di stabilità del 2012 ha equiparato in toto alle lauree e alle lauree magistrali, ma il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, non sembra intenzionata a voler consentire la messa a ordinamento dei corsi di diploma accademici di secondo livello (le lauree magistrali), tenuti dalle Accademie a titolo sperimentale fin dal 2003. Ma si sta profilando una minaccia ben peggiore, aggiunge Tempi, che ha il sapore di una beffa scandalosa: il 17 settembre scorso è stato pubblicato un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo alla mobilità intercompartimentale dei dipendenti della pubblica amministrazione in cui i docenti delle Accademie sono collocati nell’area III F1, equiparati cioè ai professori di scuola media e liceo, al pari inoltre del livello più basso dei funzionari delle Sovrintendenze e degli impiegati del Provveditorato. Ma ci sarebbe pure la volontà, nell’ambito dei decreti attuativi della riforma Madia in corso di definizione, di un imminente e definitivo inserimento del personale docente delle Accademie nel comparto di contrattazione sindacale della Scuola. Invece di uscire fuori dalla contrattazione ed essere finalmente inseriti nel regime di lavoro pubblicistico previsto per i docenti universitari, le Accademie verrebbero retrocesse ed umiliate definitivamente, contrariamente a quanto accade in tutti i paesi dell’Unione Europea.
Ma la questione riguarderebbe innanzitutto gli studenti che non potranno essere considerati studenti universitari al pari dei loro colleghi in Europa, così come ai docenti delle Accademie non è riconosciuta né la dignità universitaria, né la possibilità di svolgere una vera e propria attività di ricerca così come accade in qualunque altro settore della formazione di terzo livello.
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