Fu una legge equa o creò disuguaglianza di trattamento tra il personale scolastico da assumere la Legge 107 del 2015 approvata dal governo Pd guidato da Matteo Renzi? Molti docenti immessi in ruolo a seguito di quella tornata di reclutamento non hanno dubbi: il trattamento dei docenti, in particolare, non fu uniforme. Un folto gruppo di quei docenti, assunti lontanissimo da casa, non si sono mai dati pace. In 23 mila hanno presentato una petizione Parlamento europeo. E ora, Adam Pokorny della Commissione Ue ha risposto che la disparità di trattamento descritta non rientra però nel campo del diritto europeo. La petizione resta comunque aperta e Bruxelles manderà una lettera al ministero dell’Istruzione italiano, chiedendo una risposta motivata. Sulla “bilancia” pesa comunque non poco il fatto che quella formula, con destinazione “casuale” dei precari da assumere, non fu più attuata negli anni successivi.
La risposta, “freddina, ottenuta da Bruxelles non ha limitato comunque le denunce dei docenti. La prima firmataria della petizione, Filomena Pinca, ha continuato a parlare di la disparità di trattamento riservata ai docenti assunti a seguito della Legge 107/15: appena approvata quella legge, infatti, i docenti che non hanno saputo sottrarsi alla “tentazione” dell’assunzione in ruolo, sono stati indirizzati alla loro scuola di servizio dell’anno più importante della loro carriera utilizzando quello che Pinca definisce “un algoritmo orwelliano”.
“È stata una vera e propria lotteria in cui il più fortunato che non aveva mai svolto una supplenza come docente ha vinto un posto sotto casa mentre il docente con esperienza è stato inviato a 1.000 chilometri di distanza dalla propria residenza”, ha detto ancora la prima firmataria della petizione.
Anche per Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi, l’algoritmo utilizzato nel 2015 “non solo ha generato disparità di trattamento professionali e territoriali nell’assegnazione della sede scolastica, ma si è anche verificato che” non è stato” sicuro, trasparente, etico e non è stato sottoposto a controllo umano, presentando quindi diversi profili di potenziale violazione del diritto europeo incluso il regolamento Gdpr sulla protezione dei dati”.
Matteo Renzi, nel frattempo diventato il leader di Italia viva, non ha mai accettato questo genere di critiche: ha sempre sostenuto che l’errore del Pd è stato quello di non saper comunicare nel giusto modo la mole di novità e assunzioni prodotte da quella riforma.
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