L’auspicio del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, di vedere gli studenti impegnati in forme lavorative anziché fare tre mesi di vacanza, è già contenuto nel ddl sulla Buona scuola che a giorni arriverà all’esame del Parlamento: “è già previsto che attività di stage si possano fare anche nei periodi di sospensione dell’attività didattica, estate inclusa”, ha assicurato all’Ansa il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, riferendosi a quanto dichiarato nella stessa giornata dal suo collega di Governo titolare del dicastero del Lavoro.
“Le dichiarazioni del ministro Poletti – ha spiegato Stefania Giannini – sono condivise nel governo e i temi che tocca sono stati oggetto di analisi anche nel lavoro sul Ddl Scuola. Il valore formativo del lavoro è centrale nell’impianto de La Buona Scuola, al punto che investiamo 100 milioni all’anno (quasi dieci volte l’investimento passato) per portare le ore di alternanza negli ultimi 3 anni a 400 nei tecnici e professionali e 200 nei licei. Per farlo, all’articolo 4 comma 3 prevediamo esplicitamente che ‘l’alternanza può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche’. Fare esperienza di lavoro durante la scuola è utile – ha concluso Giannini- non solo per diminuire la dispersione e facilitare l’inserimento immediato nel mondo del lavoro, ma anche per orientare le scelte di chi andrà all’università”.
Le parole dei Poletti hanno prodotto diverse reazioni, ad iniziare dai sindacati. Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, ha detto che al ministro “possiamo perdonargli, con uno sforzo di generosità, la scarsa conoscenza di quanto accade nella nostra scuola, dove gli alunni fanno più o meno la stessa quantità di vacanze dei loro coetanei di altri paesi. Magari con scansioni differenti, che tengono conto di fattori diversi (soprattutto dei ritmi del sistema produttivo), ma sostanzialmente equivalenti in termini di quantità. Si rassicuri il ministro Poletti, non è una scuola vacanzaiola la nostra. Ciò che invece ci sembra davvero imperdonabile, per un ministro del lavoro, è la seconda parte della sua esternazione: come può pensare che sia facile, al giorno d’oggi, per ragazzi di quell’età, trovare un lavoro – ci auguriamo si intenda lavoro regolare – di cui fare esperienza? Fosse anche solo per spostare le mitiche cassette di frutta al mercato? Sa quanti sono i ragazzi che non avrebbero certo bisogno del suo incitamento per cercare una piccola occupazione durante i periodi di vacanza scolastica?”.
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Per Scrima, il vero problema è la mancanza di lavoro dei padri: “piuttosto che immaginare “lavoretti” per i figli, si faccia di tutto perché siano i padri disoccupati a ritrovare un lavoro: è la loro, infatti, la “vacanza” di cui preoccuparsi, questa sì tante volte troppo lunga e troppo amara”.
Contrariato si dice anche Marcello Pacifico, presidente Anief, secondo cui “il tema del potenziamento delle esperienze in azienda è sicuramente centrale, perché è anche attraverso una vera alternanza scuola-lavoro che si combatte la piaga di abbandoni scolastici e Neet: va però inquadrato all’interno di una riforma complessiva, nella quale si preveda che i giovani studenti non debbano più fare stage gratuiti all’interno delle aziende e si torni ad offrire loro un numero di ore settimanali adeguato. Basta con gli annunci. I punti da realizzare sono riportare il tempo scuola sui livelli precedenti alla riforma Tremonti-Gelmini del 2008, ripristinando il sesto dell’orario scolastico cancellato; oltre che attuare una riforma dei cicli, con l’avvio anticipato della primaria e l’innalzamento dell’obbligo formativo a 13 anni”.
Anche Pacifico pone una domanda provocatoria: “perché ora si devono sacrificare le vacanze degli studenti, dopo che negli ultimi sette anni i Governi hanno pensato bene di cancellare centinaia di ore di offerta formativa?”.
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