Tullio De Mauro, il linguista ed ex ministro dell’Istruzione scomparso il 5 gennaio all’età di 84 anni, era un fautore dell’insegnamento capovolto.
«Questa attenzione e collaborazione tra insegnante e ragazzi mi pare la strategia, comunque la si realizzi e con quali mezzi si realizzi, più interessante», aveva dichiarato De Mauro, nel settembre 2015, a “DolceVita”, la rivista dedicata agli stili di vita alternativi.
L’intervista, sino ad oggi mai pubblicata, conferma così l’importanza del coinvolgimento attivo dei discenti, in chiave collaborativa con i docenti, ai fini di una loro migliore acquisizione dei concetti. Per il linguista l’insegnamento capovolto si sarebbe potuto utilizzare anche come “chiave” per aprire alla conoscenza le generazioni sinora escluse dalla conoscenza.
Per De Mauro, infatti, con questo modello d’insengamento, “la forma di apprendimento tradizionale viene ribaltata dando agli studenti gli strumenti necessari per apprendere autonomamente, utilizzando così il tempo in aula per risolvere i problemi più complessi, e attento osservatore dell’analfabetismo di ritorno, con cui si indica il fenomeno di retrocessione culturale causato dal mancato esercizio di quanto imparato nel corso del tempo”.
Il linguista è quindi entrato nel dettaglio della “classe capovolta: è un invito all’insegnante a studiare in modo che possa produrre egli stesso i materiali. L’idea è che il ragazzo trovi a casa, prima di andare a scuola, dei video e della strumentazione, quindi sul computer, che gli permetta di capire quali sono i punti più difficili o complessi o più importanti di un argomento”.
In tal modo, ha continuato De Mauro, “il lavoro in classe il giorno dopo diventa un lavoro in cui tutti i ragazzi partecipano, insieme all’insegnante, per discutere qualcosa che hanno già ascoltato o che hanno già letto, perché naturalmente c’è anche la lettura inclusa nel video del giorno precedente e da discutere. Questo apre la possibilità di una interazione differenziata tra l’insegnante e i diversi allievi a seconda di quanto hanno capito e quanto non hanno capito, che difficoltà hanno trovato”.
ln questo modo, aggiunse l’accademico, “il lavoro si svolge attraverso la discussione sulle difficoltà che possono avere trovato o non trovato nella lettura e nell’ascolto del materiale del giorno precedente. Questo apre le porte a un’interazione tra il maestro ed i singoli allievi. Quindi apre le porte non solo al lavoro di gruppo orale ma al lavoro di scrittura nell’ora della lezione, cosa che non si fa mai”.
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“Anche perché in questo modo – spiega De Mauro – si risparmia molto tempo che viene tradizionalmente sprecato per l’interrogazione dell’insegnante ad un singolo allievo, mentre gli altri giocano a battaglia navale! La pratica della scrittura continua, non una volta ogni due mesi per il tema ma per scrivere ogni giorno quello che si acquisisce e si apprende. Di fatto si sta espandendo anche in Italia il numero di insegnanti interessati alla cosa”.
De Mauro, da uomo di scuola e università che non accettava compromessi, ebbe modo anche di parlare del sul rapporto tra politica e cultura: «In Italia non è mai stata una priorità la spesa per la cultura e per l’istruzione. Il bilancio è molto risicato rispetto agli altri paesi in queste materie»,
Tra il 2000 e il 2001, quando fu nominato ministro dell’Istruzione, il linguista toccò con mano “dall’interno l’enorme difficoltà di ottenere più mezzi per la scuola”. Anche perchè “la dealfabetizzazione agisce sul funzionamento complessivo della società“, ha sottolineato.
De Mauro non ha però mai smesso di confidare nella possibilità di crescita culturale del Paese, soprattutto attraverso le tecnologie digitali (è stato a lungo a capo della fondazione romana Mondo Digitale, fino a quando il Comune non lo “rimosse”, nel 2010, per limiti di età).
Ma anche auspicando il ritorno a scuola degli adulti, per contrastare l’analfabetismo di ritorno. Perchè “50 anni fa due terzi della popolazione non sapeva parlare italiano, oggi lo sa parlare ma non lo sa scrivere”.
«Sarebbe necessario – disse sempre lo studioso della nostra lingua – un sistema nazionale di istruzione degli adulti di educazione degli adulti come avviene negli altri paesi europei». Mentre in Italia, l’istruzione rivolta ai cittadini over 20 è ridotta a percentuali davvero minime. Mentre quella cosiddetta “permanente” non è mai decollata.
In chiusura di intervista, De Mauro ribadì i motivi per cui era convinto che i flussi migratori non hanno alcuna possibilità di modificare la lingua italiana: «In generale gli immigrati arrivano e cercano di integrarsi il più rapidamente possibile imparando la lingua del posto, senza imporre la propria».
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