Ha ragione Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli di Torino e responsabile della ricerca Eduscopio sulla classifica tra scuole. Nel senso che il primo valore di queste indagini è mettere in guardia dai diplomifici.
Ma da qui a farle passare come vere graduatorie qualitative delle scuole, per influenzare le scelte dei ragazzi e delle famiglie, ce ne vuole. Ovvio, ed è sempre giusto riconoscerlo, che queste indagini servano a dire che tante scuole e tanti docenti stanno facendo il loro dovere, ma la qualità prima, credo, si trovi seminascosta a questi algoritmi.
Nel senso che non contano, nella scuola come nella vita, i risultati in assoluto, ma solo in relazione al “valore aggiunto”, cioè a quanto di buono viene fatto maturare in tutti i ragazzi, e non solo con quelli con i risultati scolastici ed universitari più elevati.
Perché la scuola non deve puntare ai migliori, come mi è già capitato di dire, ma alla parte migliore di ciascuno, secondo la diversità di contesto famigliare, sociale, dei talenti, delle attitudini, delle opportunità. La parte migliore di ogni ragazza e ragazzo, parte migliore maturata in questi due anni di pandemia in condizioni a volte difficili, a volte non eque. Sapendo poi che è la vita che metterà alla prova continua ogni scelta personale, ogni performance, ogni obiettivo raggiunto a scuola, all’università, nei diversi mondi del lavoro. Pari dignità, dunque, e pari opportunità, ognuno per la sua parte. So che c’è un largo utilizzo, nelle scuole interessate e sui social, dei risultati dell’indagine Eduscopio.
Nonostante questo gran parlare, mi sento lontano dunque dal modo in cui questi dati vengono costruiti e poi utilizzati. Insomma, non mi ha mai persuaso la logica che ci sta sotto a queste classifiche. Il motivo è semplice, torno a insistere: qualsiasi ricerca-valutazione dipende dalle prevalutazioni di un ipotetico universo ideale, che è all’origine della stessa ricerca-valutazione, in cui un soggetto intende operare.
Saprei, cioè, come fare per far primeggiare la mia scuola, sempre e comunque, in queste classifiche, sapendo quanto richiesto, ma il ruolo di una scuola è diverso, è più ampio. Il compito delle scuole è quello di dare opportunità a tutti, per il bene di ciascuno, oltre ogni forma di matematismo. Quindi un valore sociale che nessun algoritmo riuscirà a captare.
Questo perché, in qualche modo, è il darwinismo sociale che viene presupposto, in una logica competitiva e non cooperativa. Perché a scuola conta soprattutto e prima di tutto quel lavoro silenzioso, prezioso, personalizzato, che punta non alla selezione ma alla persuasione. È quello stesso valore aggiunto, ripeto, che conta di più, alla lunga, nella vita. Del resto, lo sappiamo, per tanti ragazzi e ragazze la scuola è oggi l’unica palestra di vita, data la crisi educativa di molte famiglie, cioè l’unica opportunità per tanti di riconoscimento e di valorizzazione di talenti, di capacità, di attitudini. Le cose più importanti, cioè la vera qualità.
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