Attualità

Le competenze portino in pancia le conoscenze. “Gessetti colorati” ripensa la scuola

Il Manifesto per la nuova scuola, elaborato da insegnanti e firmato da diversi intellettuali italiani, propone otto punti per un cambiamento strutturale del sistema scolastico, ponendo alla base di tutto la denuncia della sua “deriva produttivistica”, soprattutto a partire dall’introduzione dell’autonomia scolastica, il cui percorso storico viene bocciato come “fallimentare”.

Il Manifesto per la nuova scuola

L’idea alla base del Manifesto è che occorre restituire invece alla scuola la centralità dell’insegnamento, nella sua “purezza”, potremmo dire, cioè senza gli orpelli, i lacci e i gravami legati alle mille incombenze che impediscono oggi all’insegnante una focalizzazione efficace sull’autentico cuore della sua professione. Gravami che fanno di lui, almeno in consistente quota parte, un burocrate più che un professionista.

Il Manifesto coglie certamente punti importanti e merita la massima attenzione da parte di chi ha a cuore il presente e il futuro della scuola. Presenta tuttavia anche alcuni punti che appaiono quanto meno discutibili a diversi esponenti del mondo scolastico e professionale.

Per una scuola nuova

L’Associazione “Gessetti colorati” presenterà e discuterà, per MERCOLEDÌ 16 GIUGNO, alle ore 17.30, in un incontro online, un documento dal titolo Per una scuola nuova, che individua alcuni elementi di criticità presenti nel Manifesto, pur nella riconosciuta “ragionevolezza” complessiva delle indicazioni in esso contenute. Fra i proponenti del Documento troviamo Enrico Bottero, Raffaele Iosa e Aluisi Tosolini e, tra i firmatari illustri, Andrea Canevaro, Dario Missaglia, Francesco De Bartolomeis, Dario Ianes, Roberto Maragliano, Elisabetta Nigris, Francesco Tonucci.

Come intendere la competenza

In particolare, nel Documento si sottolinea che la critica alla “scuola delle competenze” parte da una concezione non adeguata del concetto stesso di competenza, confuso con una sorta di saper fare pratico-procedurale sostanzialmente svincolato da una vera conoscenza. In realtà, la competenza non può che portare, potremmo dire, “in pancia” i contenuti conoscitivi. Non potrebbe esserci competenza alcuna non strutturata sul possesso sicuro di tali contenuti, in buona parte veicolati dalle discipline di insegnamento.

La vera conoscenza, però, non è solo acquisizione e organizzazione di contenuti in reti concettuali, ma anche, si rileva nel Documento, capacità di attivare queste conoscenze utilizzandole “nel mondo”, in funzione cioè operativa, applicativa, in una parola, adattiva. E, soprattutto, in contesti nuovi. E’ questo a richiedere complesse operazioni di transfer agli allievi e a costringerli ad adottare un approccio dinamico, sistemico, critico, consapevole, organizzato alle situazioni problematiche che si trovano davanti. Ed è questo a richiedere loro la mobilizzazione di tutte le risorse conoscitive e metodologiche (diremmo, in senso lato, umane) possibili per affrontare tali sfide in modo efficace. Solo in questi termini si può parlare di effettiva conoscenza: qualcosa che cambia strutturalmente il nostro stesso modo di “stare al mondo”.

Per questo motivo, non si può pensare, si dice nel Documento, ad un ritorno alla didattica prevalentemente trasmissiva dei tempi passati, proprio perché gli allievi non hanno bisogno solo di istruzione, ma anche di formazione (processo ben più ampio che presuppone l’istruzione); non solo di conoscenze e abilità, ma anche di competenze (che presuppongono conoscenze e abilità).

Mancata attenzione alla pedagogia

Ma il vero vulnus del Manifesto viene individuato nella mancata attenzione al bisogno di pedagogia che c’è nella scuola, stante il dato di fatto che al centro di tutto, ancora prima dell’insegnamento dei docenti, c’è l’apprendimento degli allievi, rispetto al quale fine l’insegnamento stesso rappresenta uno strumento, ovviamente fondamentale. La nostra scuola, si suggerisce nel Documento, rifuggendo da nostalgici richiami ad un passato ormai morto e sepolto, dovrebbe invece innestarsi nel percorso storico della tradizione pedagogica attivistica novecentesca, che dà risposte oggi più che mai attuali al complesso bisogno di formazione e di crescita degli allievi, soprattutto perché punta in modo pregnante allo sviluppo della loro autonomia e in contesti di apprendimento che appaiano sensati agli occhi degli stessi allievi.

Insomma, il dibattito è aperto e c’è senz’altro parecchia materia per la riflessione.

Giovanni Morello

Articoli recenti

Middle management: il 18 novembre convegno di studio Palermo, interviene la sottosegretaria Frassinetti

Middle management. Impatti sulla qualità dell’istruzione è il titolo del seminario in programma il 18…

17/11/2024

Giovani allo sbando traditi dall’indifferenza della società

I giovani sono sempre più arrabbiati e insoddisfatti, manifestando una ribellione interiore che spesso non…

17/11/2024

Docente di sostegno aggredita: ma perché siamo arrivati alla “giustizia fai da te”, in perfetto stile far-west?

Nella vicenda della docente di sostegno aggredita da 30 genitori in una scuola di Scanzano…

17/11/2024

Docenti malmenati, raid di genitori che picchiano pesantemente una docente di sostegno. L’AND esprime allarme e sconcerto.

Il triste episodio di un vero e proprio raid puntivo, organizzato da una trentina di…

17/11/2024

Valditara: “La Colletta Alimentare per educare alla solidarietà”

Sabato 16 novembre 2024 è tornata, per il 28° anno consecutivo, la Colletta Alimentare organizzata…

17/11/2024

Tecnici e operai specializzati: le aziende li cercano, ma la scuola non ne prepara sufficienza

Sento in televisione che l'industria cerca tecnici ed operai specializzati ... senza trovarli! Allora non…

17/11/2024