Le competenze sono come l’araba fenice: che ci sian ognun lo dice, dove sian nessun lo sa.
Ignoranza colposa: sono molte le norme sull’ammodernamento organizzativo – didattico promulgate negli ultimi quarant’anni.
Tutte eluse.
Nelle aule scolastiche l’atmosfera è immutabile e immutata: il libro di testo detta gli itinerari di lavoro.
La convergenza degli insegnamenti verso i traguardi di sistema, la loro interdipendenza, la prassi progettuale, sono assenti.
La fissità, l’insicurezza, l’indolenza, la scarsa professionalità hanno originato la resistenza al cambiamento.
Nel 1974 il legislatore ha assunto l’ottica sistemica e ha ridisegnato la struttura decisionale della scuola.
A più riprese ha fornito i necessari orientamenti formativi, educativi, dell’istruzione.
Ecco quanto è stato scritto per la scuola secondaria di primo grado nel 1979: “Nella loro differenziata specificità le discipline sono, dunque, strumento e occasione per uno sviluppo unitario, ma articolato e ricco, di funzioni, conoscenze, capacità e orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili e in grado di compiere scelte.. sulla linea della necessaria e appropriata pluralità delle discipline e dei contributi che esse forniscono”.
Filosofia rafforzata nel 2003, quando il legislatore ha delegato la funzione legislativa al governo. La duplice finalità del sistema educativo è stata richiamata: promuovere collegialmente le competenze generali, attraverso la progettazione d’itinerari disciplinari volti alla sollecitazione di competenze specifiche.
Come avrebbero dovuto rispondere le scuole?
La certificazione delle competenze al termine del primo ciclo d’istruzione fornisce lo spunto per prefigurare l’ordinaria attività di un Collegio dei docenti.
La “Programmazione dell’azione educativa” e la “Valutazione periodica dell’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati” rientrano tra i compiti dell’organismo di governo della scuola.
La quinta competenza certificata, imparare ad imparare, sarà il campo dell’esemplificazione.
Il comportamento ad essa associato descrive uno studente che: ” Possiede un patrimonio organico di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di organizzare nuove informazioni. Si impegna in nuovi apprendimenti in modo autonomo”.
Gli obiettivi associabili sono:
- Autonomia di pensiero;
- Motivazione allo studio;
- Percezione di nuove problematiche;
- Interesse per le materie;
- Progettualità;
- Capacità di sintesi e di comunicazione.
L’insegnamento cattedratico non è funzionale al perseguimento di tali traguardi.
La via maestra è l’insegnamento per problemi: i tipici casi che hanno contrassegnato l’evoluzione delle discipline forniscono l’ambito di lavoro degli studenti.
Il Collegio darà indicazioni sul come strutturare l’attività di classe.
Una possibile traccia operativa potrebbe essere:
- Il docente descrive l’ambito di lavoro e precisa le aspettative;
- Gli studenti, in piccoli gruppi, specificano i risultati attesi, formulano ipotesi, applicano strategie, giungono a conclusioni, che formalizzano;
- Ogni gruppo illustra il lavoro svolto e i risultati conseguiti. Si evidenziano similitudini e discordanze per giungere a una sintesi.
- Il docente sistematizza l’argomento e fornisce materiale di approfondimento.
La messa a punto del materiale didattico sarà commissionata ai dipartimenti disciplinari, cui sarà poi affidato il compito di predisporre le prove di controllo.
Quanto esposto elimina l’indeterminatezza che deve affrontare il Consiglio di Classe quando certifica le competenze, ovvero l’assenza della programmazione dell’azione educativa.
P.S. Quanto scritto non tange la scuola primaria, eccellenza italiana: le maestre operano per promuovere le competenze dei loro alunni.
Enrico Maranzana