Di tanto in tanto può essere utile mettere a confronto la dura “realtà effettuale” con le reboanti dichiarazioni di principio fatte da candidati al Parlamento in campagna elettorale o da neo-ministri nei primi giorni di incarico.
Il 21 febbraio, per esempio, Francesca Puglisi e Maria Chara Carrozza, candidate per il PD al Senato e alla Camera, annunciavano senza timori: “Nella scuola primaria vogliamo rimettere in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze, mentre per la scuola media, punto critico per l’abbandono scolastico, dobbiamo reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza e adolescenza, e allungare il “tempo scuola” (scuole aperte anche al pomeriggio con sport, tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperte ecc)”.
Si badi bene che non si usavano né il condizionale né termini o incisi come “forse”, “se riusciremo”, “abbiamo intenzione di”. Niente affatto: si usava un bell’indicativo presente quasi ad evidenziare che si trattava di una decisione già presa e che sarebbe bastato entrare “nella stanza dei bottoni” per poterla mettere in pratica.
La realtà, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti: le compresenze nella scuola primaria sono ormai un lontanissimo ricordo e l’allungamento del tempo scuola è di là da venire. Quanto all’apertura delle scuole “full time” è meglio sorvolare visto che non passa giorno senza che arrivino notizie di scuole chiuse per rischio crolli o di mense scolastiche che funzionano in doppio o triplo turno per in capienza dei locali.
E che dire di questa dichiarazione?
“Per il ciclo superiore, il Pd propone un primo biennio unitario, così che la scelta a quale scuola iscriversi non sia fatta in 3ª media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della secondaria”.
Come si concilia con l’idea di portare a 4 anni il secondo ciclo di istruzione?
L’idea sarebbe forse quella di un biennio unitario seguito da due anni di non-si-sa –bene-cosa?
Tralasciamo le piccole cose (si fa per dire), dette e ripetute sia in campagna elettorale sia subito dopo: “Risolveremo in poco tempo la questione dei Quota 96!”
Il presidente della Commissione Bilancio Boccia era persino arrivato a dire “La copertura va trovata ad ogni costo”.
Non aveva aggiunto “Altrimenti me ne vado”, ma il tono era quello (“Me ne andrò” lo aveva invece detto il ministro Carrozza, riferendosi all’obiettivo di vedere aumentata la quota di PIL destinata all’istruzione).
Nelle prime settimane trascorse a Viale Trastevere Carrozza si era accorta (ed era quasi inorridita) che per il funzionamento ordinario lo Stato assegnava alle scuole 8-9 euro per alunno. Il proclama non si era fatto attendere: “La cifra va almeno triplicata”. Poi, non appena dalla Ragioneria Generale le avevano spiegato che per triplicarla si sarebbero dovuti mettere insieme un po’ di quattrini, il Ministro ha precisato: “Ovviamente li triplicheremo nel giro di 3-4 anni, ma per il 2014 ci sarà almeno un 20% in più”. Vedremo se con la nota per il Programma Annuale si passerà da 8 a 10 euro.
E per concludere non dimentichiamo la famosa questione dei “residui attivi” vantati dalle scuole: centinaia di milioni di euro che le istituzioni scolastiche hanno anticipato nel corso degli anni e sui quali, puntuali come le rondini a primavera, vengono annunciati monitoraggi e verifiche. Ma di trasferimenti alle scuole non si parla.
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